Mi sia concesso aprire questa pagina, parafrasando nel titolo, le parole rimaste celebri nell'immaginario di tutti gli sportivi, da quando vennero pronunciate sul finire degli anni '50 dal radiocronista Mario Ferretti. Aprendo la cronaca della straordinaria vittoria di Coppi in fuga solitaria durante la tappa Cuneo-Pinerolo, asserì infatti: "Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi." Il mio post parla di montagna, di cani e di uomini solitari in fuga, e il richiamo alla frase di Ferretti mi è parso d'uopo. L'escursione di esordio 2019 infatti è contraddistinta dalla presenza presenza record di amici a quattro zampe. Ci accompagnano infatti nei bosco ben quattro cani e questo numero insolito mette parzialmente in secondo piano l'altro dato anomalo di giornata: siamo un gruppone di otto persone. Secondo gli standard delle Piadine Randagie il numero è altissimo. La compagine è comunque ottimamente assortita, ingentilita dalla presenza di Giorgia e composta per il resto da buoni camminatori e amanti veri della montagna. Oltre a Gabriele, Gianluca e Andrea, ritrovo Paolo e Alessandro, usciti con noi anche a fine anno, e Marco che non avevo mai incontrato prima. Ma come già detto, i protagonisti di giornata sono i cani. Ci passano di fianco, ci attraversano la strada, si tuffano nel bosco e camminano il triplo della nostra strada. Nei rari momenti nei quali cammino dinanzi al gruppo non sono mai a capo della fila, sono infatti sempre preceduto da un cane ed è questa immagine che rievoca in me le parole di Ferretti. Osservo l'andamento irregolare di questi simpatici animali che, pagando il dazio della domesticità, hanno quasi completamente perso il rapporto con la natura diventandone avulsi, quasi molesti. Anche i nostri cani non sanno sottrarsi a questo comportamento guadagnodosi la nostra simpatia e le nostre risate: si perdono nel bosco, si rotolano nel pendio, rischiano di affogare in un fontanile e abbaiano a prede invisibili. Pare dispongano di sensi straordinari e non siano in grado di utilizzarli. Hanno la capacità di percorrere più strada, di inerpicarsi dove noi non osiamo, sentono suoni che noi non udiamo e annusano odori per noi sconosciuti. Eppure appaiono goffi e fuori luogo, confusi da questo improvviso carosello dei sensi. Non sono più creature del bosco ed hanno perso il diritto di appartenere alla montagna, possono solo percorrerla in lungo e in largo quasi profanandola. Come facciamo noi umani. Mentre salgo mi volto a guardare le montagne che, mutando di colore, diradano all'orizzonte come onde di roccia. Oggi ho buoni motivi per avanzare a testa bassa. La prima metà del percorso è in costante salita e, anche se non troppo impegnativa, mi costringe ad avanzare a capo chino. Oltre a questo però guardo a terra perché cerco nel fango secco le impronte di migliaia di animali che hanno percorso il nostro sentiero. Riconosco le piccole unghie di cinghiale e caprioli, vedo anche tante impronte di daino e cervo. Ma io cerco sempre il lupo, anche se oggi so che le speranze di trovarlo sono pochissime. Troppi canidi hanno solcato questo sentiero e le orme si accalcano e sovrappongono. So per certo che però in mezzo alle foglie siamo spiati da occhi gialli. Questo è il loro territorio, qui è pieno di prede. Giunti sul crinale troviamo due fatte inequivocabilmente attribuibili al grande predatore. Riconoscere le impronte di lupo è facile, se si ha la possibilità di seguire una traccia di qualche metro. Il lupo infatti cammina dritto e dispone le zampe lungo un asse molto più stretto del cane. Ma non è solo una questione strutturale: il lupo lascia una traccia diritta perché sa dove deve andare. Il cane no. Questa è una cosa che ha sempre catturato la mia attenzione perché il lupo sa dove si trova e sa dove deve andare. Il lupo sa dosare le proprie energie e sa evitare distrazioni inutili. Il lupo è un predatore perfetto che ha conservato immutabilmente la proprietà dei sui sensi ed è grazie a questa autonomia che è riuscito a sopravvivere a una persecuzione secolare. Il cane ha perso tutto questo ed entra nel bosco con il passo goffo di un elefante in un negozio di cristalli, sembra un bambino a Gardaland la viglia di Natale dopo avere mangiato un chilo di caramelle. Io amo i cani ed a casa ne ho due, non scrivo queste parole per mancanza di rispetto o amore nei confronti dell'animale che si è meritatamente conquistato il titolo di migliore amico dell'uomo. Nel bosco però il cane è buffo, quasi goffo, come sono buffo e goffo io nella vita, che vorrei muovermi con il passo sicuro del lupo e invece più spesso vago senza meta come un cane stordito da odori e suoni nuovi. Vorrei avere l'andatura certa del grande predatore, la convinzione nei propri mezzi di cui dispone il lupo. Vorrei avere la sua pazienza e la sua sagacia. Soprattutto vorrei essere un solitario, un esemplare che sceglie di abbandonare il branco perché si sente schiacciato dalle sue logiche gerarchiche e non è più disposto a sottostare agli umori dell'esemplare alfa. Troppo spesso invece mi ritrovo pancia all'aria in cerca di grattini e mi svendo per un pasto sicuro e una carezza fra le orecchie. Sono un cane ma voglio diventare un lupo, un lupo solitario e riprendermi il bosco.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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