17 aprile - Finalmente si parte! (13km) Ho atteso tanto questo giorno ed ora sono finalmente qui: sulle spalle uno zaino che sembra pieno di sassi e addosso la t-shirt commemorativa "Onderodeghein". Percorreremo per quasi 100km l'antica via montana che collegava Bologna e Firenze. Il giorno ufficiale della partenza sarebbe domani, quando mi raggiungeranno gli amici, ma ho un giorno di ferie a disposizione e, ottenuto il permesso della consorte, decido di anticipare la partenza per non saltare la tappa Sasso Marconi-Brento. Dopo qualche difficoltà riesco ad imboccare il trek vero e proprio e mi lascio alle spalle anche l'ultimo metro di asfalto. Mi infilo nel fitto della boscaglia con ancora nelle orecchie il suono del traffico, ma è solo questione di tempo: presto mi abbandonerà anche il cacofonico rumore della città satellite bolognese ed allora saranno solo campi, bosco e belle vedute sulle colline bolognesi. Questo almeno è il mio pensiero ed è qui che mi accorgo, con un certo disappunto, che la Via degli Dei tradisce in parte tali romantiche aspettative: inevitabilmente il vecchio sentiero è stato inglobato in un contesto urbanistico e viario nel quale l'uomo ha sottratto molto spazio alla natura. Ad occhio e croce direi che almeno per il 20% del percorso è "disturbato" da tratti asfaltati, rumori della civiltà e centri abitati, più o meno piccoli. Arrivo senza intoppi fino alle pendici del Monte Adone (un must) ed anche se potrei proseguire aggirando la cima, non mi lascio sfuggire l'occasione di ammirare da vicino la vetta. Lungo la salita lo zaino mi pesa sulle spalle come un carico di ferri da stiro. Guadagno a fatica la vetta ed il panorama ripaga lo sforzo: dal Monte Adone non solo si può ammirare una bella vista, ma anche la conformazione geologica della cima è di grande interesse, con i suoi pinnacoli di roccia che si ergono come torri guardiane sfidando le leggi della gravità. Anche quassù, in compagnia di un falchetto che stride in cielo al mio arrivo, la Via degli Dei palesa il suo più grande difetto, il panorama a fondo valle è infatti deturpato dalla vista e dal rumore di un ampio tratto dell'autostrada Bologna-Firenze. Addio poesia. Qui incontro due signori del posto che mi indicano una cassetta metallica posta alla base della croce. Al suo interno c'è un quaderno dove anche io lascio la mia dedica: "17 aprile 2014, c'ero anch'io. Osta ad fadiga!" Mentre prendo la strada verso il bed and breakfast che ho prenotato online, sento improvvisamente un ruggito spaventoso: inizialmente penso ad un cavallo di enormi dimensioni, vista la presenza di un maneggio nei paraggi, ma il rumore è davvero impressionante. Dopo pochi metri il mistero è svelato, quando vedo il cartello che indica la presenza di un Centro di tutela per la Fauna Esotica. Era davvero un ruggito, era davvero un leone! Giungo al b&b nel tardo pomeriggio e faccio conoscenza di Francesca e Remo, una giovane coppia che risiede in un bel casale proprio lungo il sentiero e che da circa un anno ha deciso di mettere a disposizione dei camminatori alcune stanze arredate con gusto. L'ospitalità è piacevole e trascorro una notte ristoratrice in un letto tondo, avvolto dal silenzio della foresta. 18 aprile - Meeting a Brento (20km) Il secondo giorno mi sveglio di buon'ora ansioso di abbracciare gli amici e iniziare il viaggio vero. Trascorro buona parte della mattinata in veranda leggendo un libro con la sola compagnia del lupo del b&b e poi, quasi all'ora di pranzo, mi avvio verso Brento ansioso di partire. Finalmente riabbraccio il mio caro vecchio amico Marco ed il mio "fraterno" cugino Giacomo, oltre a fare la conoscenza di Fabio, un amico invitato da Marco. La squadra è composta, è ora di partire. O almeno questo è ciò che penso. I tre beoni insistono per "mettere i piedi sotto la tavola", nonostante il mio tentativo di partire subito con un semplice panino nello zaino. Mi inchino al volere della maggioranza. Alle due del pomeriggio, oltremodo satolli, finalmente si parte fra frizzi e lazzi alla volta di Monzuno, paese che ha giocato un importante ruolo durante la Seconda Guerra poiché posto proprio al centro degli opposti schieramenti della Linea Gotica. La giornata è buona, anche se non bella come ieri, e si cammina gradevolmente riscaldati da un timidissimo sole primaverile. Il percorso è lungo ma non troppo impegnativo. Saliamo un paio di cime ed in sei ore raggiungiamo le prime case di Madonna dei Fornelli, meta quotidiana. Abbiamo una prenotazione all'Hotel Musolesi, una struttura che mantiene un certo decoro, malgrado appaia evidente che deve avere visto dei giorni migliori. La serata la trascorriamo quasi tutta nel ristorante dell'albergo, eccezionalmente aperto per noi dall'arzdoura che comanda a bacchetta sia i fornelli che il marito barista, presto soprannominato "l'uomo senza vocali" per lo stranissimo modo di parlare. Bilancio del primo giorno assolutamente positivo. 19 aprile - April showers (17km) La sveglia del secondo giorno, il terzo per me, vede impietosamente confermate le previsioni e frustrate le nostre speranze in un errore dei meteorologi: il cielo è grigio, la giornata bigia e scende già una fastidiosa pioggerellina battente. Marco ha voglia di stare un po' solo e parte prima di noi. La salita è dura ma non impossibile, anche se la pioggia ed il fango al suolo aumentano il coefficiente di difficoltà. Finalmente ritroviamo il buon Marco, al riparo sotto la tettoia di una segheria, in compagnia di due studenti bergamaschi che frequentano l'università di Bologna. Appena la pioggia accenna a diminuire riprendiamo la via senza accorgerci che i ragazzi ci stanno seguendo a breve distanza. Giunti ad un'ampia radura adibita a pascolo Marco si lascia andare a commenti da Bar Sport nei confronti della giovane studentessa, Giacomo si volta e gli fa notare che i due sono pochi metri dietro di noi e Marco, al quale abitualmente è sconosciuto il concetto di vergogna, dichiara ad occhi sbarrati: "Non mi volterò mai più, per tutta la mia vita!" Molto probabilmente i ragazzi non hanno sentito le sue battute e poco dopo ci superano come se nulla fosse. Scampata la magra? Ci separiamo dai ragazzi, che ad un bivio sbagliano strada, e proseguiamo in salita seguendo l'antica Flaminia Militare, la strada che il console romano volle costruire in queste montagne per favorire lo spostamento delle truppe. Questo tratto è il vero cuore della Via degli Dei e se questo trekking esiste dobbiamo ringraziare sia l'esercito romano che batté questi luoghi tanti secoli fa e, in epoca moderna, il CAI di Bologna che ha riscoperto e si sforza di mantenere in buone condizioni la tratta Bologna-Firenze. In realtà qualche critica il CAI se la merita perché non sempre il sentiero è indicato con chiarezza, soprattutto in prossimità di bivi fondamentali. Un paio di volte sbagliamo strada e Marco, che ha già fatto la Via degli Dei, inizia il suo mantra: "Il sentiero è segnato male, esattamente come dieci anni fa. Al Cammino di Santiago de Compostela ti inondano di segnali!" Ripeterà queste parole decine di volte in quattro giorni. Giunti al passo della Futa resta solo una picchiata verso la fine tappa in località Monte di Fò, dove ci attende una sgradita sorpresa: il bar, albergo, ristorante, pizzeria, campeggio, dancing "Il Sergente", ovvero tante cose quasi tutte fatte male. Il nostro problema è che i gestori hanno il monopolio in questa località e l'assenza di concorrenza non favorisce l'utente. Dopo un primo approccio tiepidamente cordiale la struttura palesa tutte le sue inadeguatezze. Abbiamo camminato per almeno quattro ore sotto l'acqua e ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno sono acqua calda e un termo bollente. Non troviamo nulla di tutto questo e, per asciugare i vestiti, siamo costretti ad affidarci ad una stufa da spartirsi in quattro. La cena per fortuna è all'altezza della nomea di questi luoghi e mangiamo una sontuosa grigliata, anche se servita male da un cameriere poco professionale che dopo cena ha un quasi alterco con Giacomo perché Lui deve vedere la Fiorentina su Sky e Noi parliamo a voce troppo alta. Inaudito. Mi sveglio nel cuore della notte con un dolore al ginocchio e, mentre me lo massaggio preoccupato, Giacomo si sveglia dichiarando: "Ho 40 di febbre". Cerco di riaddormentarmi ma sono vinto dallo scoramento: due tappe e dobbiamo già tornare a casa. Al mattino il mio ginocchio va molto meglio e scopro che la diagnosi di Giacomo è stata errata: si era svegliato con la gola secca in un bagno di sudore, ma non si ricordava che stavamo dormendo con la stufa accesa per asciugare i panni! Niente febbre e ginocchio a posto, si riparte per la terza tappa lasciandoci alle spalle con gioia la più clamorosa bettola degli Appennini. 20 Aprile - Pasqua on the road (21km) La tappa di oggi prevede una lunga salita iniziale e poi una picchiata verso San Piero a Sieve. Siamo ormai in odor di Toscana. Siamo partiti da poco e i miei compagni di viaggio iniziano a lamentare sete e fame. Non ho ricordato loro di fare rifornimento ed ora sono completamente sprovvisti dei beni di prima necessità. Tento di tirare su il loro morale e condivido acqua, barrette energetiche e cereali, ma il mio tentativo si rivelerà vano. Giunti in prossimità del paese di Sant' Agata mancano solo 7km a San Piero, ma la fame e la sete hanno la meglio sui miei compagni. Si uniscono a noi i due giovani bergamaschi, che abbiamo ritrovato sulla via, ed ormai la parola d'ordine è diventata per tutti la stessa: sete. Scatta l'operazione birretta. Accompagno il gruppo fino ad un ponticello, poi li lascio proseguire verso la loro oasi mentre li attendo all'ombra di un albero. Ingenuamente penso: si berranno una birra e poi riprenderemo il sentiero nei boschi verso la meta di oggi. Invece i fedifraghi tramano un bieco piano alle mie spalle. Dopo un quarto d'ora accosta un'auto, si spalanca la portiera e scopro con stupore che all'interno della macchina ci sono i tre Giuda: hanno accettato il passaggio di un villico, gettato in un fosso i due poveri studentelli bergamaschi e puntano al miglior ristorante del paese confinante. Sono altamente contrariato. Tutto questo guasta i nostri piani, ci porta lontano dal sentiero e tarda il nostro arrivo al b&b. Ancora una volta mi inchino al volere della maggioranza e i tre bastardi si prendono gioco del mio romanticismo con la grazia di un gorilla in un negozio di cristalli. La "birretta" diventa un autentico pranzo di Pasqua con tanto di antipasto, tortellini, grigliata, contorno, caffè, ammazza caffè, dolce e sigaretta. Usciamo dal ristorante alle quattro e mezzo! La cosa peggiore è che dobbiamo camminare per 7km su una strada asfaltata con le auto che ci sfrecciano accanto, prima di raggiungere il b&b. Inoltre avevamo in programma una bella cena in osteria, ma ovviamente l'insensato pranzo ha tolto loro la fame e la cena ha un gusto un po' squallido, malgrado la bontà del cibo. Non si fa così, carogne. 21 aprile - Back home (24km) Oggi è lunedì di pasquetta e le previsioni non sono affatto buone. Ci vestiamo in assetto da guerriglia attendendoci secchiate d'acqua e partiamo alla volta del paesino di Tagliaferro. Precauzioni inutili perché fortunatamente il tempo sarà clemente. Eliminiamo dal programma i primi 7km del percorso originale, ulteriore strascico negativo della deviazione del giorno precedente. Oggi ci attendono due salite molto impegnative, ed arrivano proprio l'ultimo giorno, quando abbiamo già oltre 70km sulle gambe. I 7km che portano dal già citato paese fino alla cima del Monte Senario sono in costante salita e guadagnamo circa 600 metri di quota. Lungo la via incrociamo altri camminatori in discesa che ci chiedono: "Via degli Dei?" Alla nostra risposta affermativa dichiarano: "Bravi ragazzi!" Incasso con soddisfazione il complimento, perché in questi giorni mi sono spesso sentito poco apprezzato mentre passavo fra la gente seduta ai bordi delle strade, con il mio inconsueto cappello australiano in testa e lo zaino sulle spalle. Non sempre nei loro occhi leggevo stima, anzi… Arriviamo al santuario e sostiamo per il pranzo, poi giù in picchiata fino al Passo della Catena dove vediamo per la prima volta un segnale stradale che delimita i confini del comune di Fiesole. Siamo quasi arrivati. Appena iniziata la discesa dal santuario mi avvicina una signora e spontaneamente mi indica dove devo deviare per imboccare il giusto sentiero. E' buffo sentire il suo marcato accento fiorentino: sono partito cinque giorni fa ascoltando la caratteristica calata emiliana che si è trasformata lentamente in accento toscano, mano a mano che avanzavamo da Bologna a Firenze. Anche questa è Italia. Lungo la salita verso Poggio Pratone io e Giacomo stacchiamo Marco e Fabio. La gamba nonostante tutto c'è, al pari della voglia di tornare a casa per rivedere mogli e figli. La salita è davvero dura, forse perché è l'ultima, ma finalmente arriviamo sul poggio e si spalanca ai nostri occhi la vista della bella Firenze. Seguiamo incerti le pessime indicazioni della guida e sbagliamo strada, allungando un po' il cammino. Però si sa che tutte le strade portano a Fiesole e alla fine imbocchiamo la strada giusta. Giunti quasi in paese ci fermiamo in un bar e dichiariamo finita la nostra fatica: chiamiamo un taxi per raggiungere Santa Maria Novella perché ormai vogliamo solo andare a casa. Marco e Fabio sono ancora lontani, li saluteremo un'altra volta. Non tornerò più sulla Via degli Dei. Credo che sia un'esperienza da fare almeno una volta nella vita, ma non penso sia abbastanza bella da essere ripetuta due volte. Sono felicissimo e soddisfatto di avere fatto questo trekking ed avere accettato l'invito rivoltomi da Marco. Sono orgoglioso per la risposta del mio fisico, ma soprattutto sono felice perché ho trascorso quattro giorni in compagnia di due fra i miei amici più cari, insieme di nuovo a ridere e scherzare come facevamo un tempo quando eravamo più giovani ed avevamo meno pensieri e responsabilità. E' stato bello ritrovarsi sulla strada, onderodeghein!
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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