Finalmente riesco a visitare il Parco Nazionale della Sila e la primissima impressione è un inevitabile confronto con il suo fratello calabrese, il Parco Nazionale dell'Aspromonte. Ho visitato per tre anni consecutivi il secondo perchè i nostri parenti vivono nel sud della Calabria e casa loro è proprio al limitare della zona boschiva e posso dire di conoscerlo discretamente. La mia visita odierna è all'insegna della sorpresa, dello stupore, del confronto e dell'entusiasmo. Posso dire di essermi innamorato della Sila. Natura: 1 a 0 Per prima cosa, da un punto di vista paesaggistico, la Sila ha molto più da offrire. La zona dell'Aspromonte non è brutta, ma risulta più brulla e più "aspra", da cui il nome. La Sila è ricchissima di vegetazione varia e vagamente alpina con moltissimi pini e abeti. Inoltre in Sila esistono molte più specie animali, non ultimo il lupo che ha reso noto questo parco. Anche se per poco, paesaggisticamente l'ago della bilancia pende a favore della Sila nel confronto con l'Aspromonte. Ricezione turistica: 2 a 0 L'organizzazione turistica locale ha saputo sfruttare molto meglio le risorse del territorio, creando ex-novo località di villeggiatura in stile vagamente tirolese, facendo ampio uso di legname nelle costruzioni, con poco impatto ambientale e grande resa dal punto di vista estetico. Inoltre trovo, vicino al paese turistico di Villaggio Mancuso, in località Monaco, il centro visite Garcea, una sorpresa sbalorditiva: un centro diffuso su un appezzamento di territorio vastissimo, con tanto di ufficio informazioni, alloggi per i forestali, musei, centri didattici, un anfiteatro all'aperto, spazi per convegni e altro ancora. Vedere gallery a fine post. Perla del centro sono le grandissime aree recintate dove vengono curate e tutelate grandi famiglie di ungulati libere di pascolare: camosci, daini e cervi sono le principali attrazioni. In Sila il turista è benvenuto, in quanto risorsa, in Aspromonte hai quasi l'impressione di essere un elemento di disturbo. Organizzazione sentieristica: 3 a 0 Su questo piano il divario fra i due parchi diventa imbarazzante. In Sila trovo una organizzazione sentieristica sbalorditiva, per gli standard calabresi. Al centro visite acquisto, per soli tre euro, un'ottima guida impreziosita da molte indicazioni fornitemi da una solerte impiegata che parla un perfetto italiano (una rarità in Calabria). Sul sentiero la diffusione delle indicazioni è quasi imbarazzante, praticamente a prova di imbecille. Ad ogni crocevia nuove tabelle indicano direzione, toponomastica e tempi di percorrenza. Lungo il sentiero incontro tantissimi confortanti segnavia, ma non sono i classici e semplici segnavia a cui sono abituato (due strisce di vernice bianca e rossa). Qui in Sila hanno inciso nei pini delle tabelle 30x30 e su fondo bianco e disegnato un viandante con la tecnica dello stencil. Un lavorone. Lungi da me l'intenzione di denigrare l'Aspromonte, ma mi sono goduto troppo questo trekking silano. Parto dal centro visitatori e, dopo qualche difficoltà nel capire quale sia il punto di partenza, imbocco il sentiero giusto ed entro in una pineta lussureggiante. A terra è un mare di felci verdissime dalle quali migliaia di pini alti e dritti si alzano come gli alberi di una ordinata ed immenza flotta navale. Il sentiero si insinua nella foresta ampio, comodo e perfettamente battuto. Dopo circa 5 km inizia una discesa che si fa sempre più ripida sino a raggiungere l'antica Abazia di Peseca, della quale non è rimasto nulla se non il rudere di quello che probabilmente era stato il campanile a vela. Da qui il bosco cambia e la discesa diventa difficile e ripida, in mezzo a rocce e gradini creati in epoca medievale dai monaci che si recavano fino al torrente Litrello ed alla sua cascata, la cui portata in questo periodo è ovviamente molto scarsa. In passato avrei potuto proseguire chiudendo il sentiero ad anello, ma ora lo stato di conservazione di questo tratto è decaduto. Mi spiega una guardia forestale che stanno lavorando per il ripristino dell'anello e sono costretto a ritornare sui miei passi. Dopo circa cinque ore di cammino e una ventina di chilometri di percorso, sono nuovamente all'auto. Sono piuttosto stanco ma non voglio perdermi l'opportunità di fare anche il percorso naturalistico del centro visite, soprattutto per vedere daini e cervi. Tante le sorprese in questo bellissimo Parco Nazionale della Sila, ma la più stupefacente di tutte è stata vedere Guardie Forestali che lavoravano. Praticamente impossibile in Aspromonte. E il 4 a 0 è servito. Photo Gallery del Centro Visite diffuso "A. Garcea" in località Monaco, Villaggio Mancuso (CZ)
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Finalmente vacanza, finalmente Abruzzo. Oggi l'entusiasmo è alle stelle: sono riuscito ad incastrare Giacomo per una escursione "father and son" e siamo venuti in Abruzzo a caccia di orsi. Siamo cacciatori innocui e le nostre armi sono solo macchina reflex, binocolo e tanto entusiasmo. Ci affidiamo all'ottima organizzazione delle esperte guide del gruppo "Ecotour" di Pescasseroli e, contrariamente alle mie abitudini, paghiamo una quota per aggregarci al gruppo. Nonostante la delusione finale, soldi spesi bene. Le guide di Ecotour ci portano a bordo dei loro mezzi fuoristrada sino al limitare della salita che conduce al noto rifugio Iorio, un must del Parco Nazionale abruzzese. Devo dire che la compagnia è molto gradevole ed il gruppo è accomunato da una grande passione per la montagna, il rispetto della natura e, ultimo ma non ultimo, trovo anche parecchi amanti della fotografia dotati di macchine di ottimo livello. Ci sono persone che vengono da tutt'Italia: Treviso, Bologna, Genova, Napoli, Livorno, Foggia e altro. D'altronde se vuoi vedere l'orso marsicano in libertà nel suo habitat non puoi scegliere, devi per forza venire qui, nel cuore di questo bellissimo parco, perla verde al centro della penisola. Il trekking è molto breve e facile: dopo un primo tratto in salita in mezzo alla immancabile faggeta, usciamo dal bosco in una piccola radura e, alzando gli occhi, vediamo in lontananza la sentinella del Parco, il rifugio Iorio. Proseguiamo su un sentiero in minore pendenza e notiamo un cambio del panorama: siamo oltre i 1600 metri slm e le piante iniziano a scarseggiare. Lungo un costone roccioso Enrico, il nostro anfitrione, ferma il gruppo disponendolo in fila indiana lungo il sentiero per mostrare il panorama e per proseguire il discorso già avviato ad inizio escursione: dove siamo, analisi della vegetazione e del tessuto geologico, comportamento e abitudini dell'orso marsicano. Sono un poco distante dall'oratore e scambio due chiacchiere con un'altra guida; a metà conversazione questa mi ferma e mi dice di puntare l'obiettivo verso un punto della montagna. Non so come ma è riuscita a vedere un cinghiale al pascolo. Occhi allenati. Giunti al rifugio ci viene concesso un po' di tempo per rilassarci, per scattare delle foto ed approfittare della impareggiabile vista che ci concede questo spot privilegiato a oltre 1800 metri. Alle 18 si parte per il vicino punto di avvistamento, non senza prima essere stati catechizzati a dovere sulle abitudini comportamentali dell'orso e sulle regole che dovremo osservare per favorire l'incontro e contestualmente non disturbare la vita della fauna locale. La lezione in parole povere riassume questo concetto: nei due mesi che precedono il letargo, che inizia a cavallo fra settembre e ottobre, gli orsi marsicani si nutrono prevalentemente di bacche di ramno, molto diffuse nella zona e molto caloriche. Se sai dove sono le bacche, sai dove sono gli orsi. Et-voilà. Il punto di avvistamento è lungo il crinale e gli orsi abitano la zona boschiva del vallone sottostante. Nelle ore fresche molti animali lasciano il fitto della foresta per cercare cibo al limitare della stessa e, se saremo fortunati, potremo vedere almeno uno dei circa 50 orsi che abitano la zona. Non saremo fortunati. Questa è l'unica pecca della giornata ed anche l'unica critica che muovo all'organizzazione di Ecotour, per il resto impeccabile. Nei giorni precedenti avevo chiesto, tramite mail, quante possibilità avremmo avuto di vedere gli orsi e la risposta era stata molto evasiva. Oggi, mentre siamo seduti sulle rocce con i binocoli puntati e colmi di speranza, ripeto la domanda ad Enrico e mi sento rispondere: 30%. Ciò significa che mediamente un gruppo su tre vede effettivamente gli orsi, non una media altissima. Se avessero omesso questa informazione, saremmo venuti ugualmente? Probabilmente sì, ma avrei apprezzato molto di più la sincerità essendo pienamente consapevole del "rischio". Pazienza, anche i ragazzi di Ecotour devono portare a casa la pagnotta, evidentemente. La posta dura più di due ore e, se pure riusciamo a vedere una decina di cinghiali, qualche volpe e due coppie di cervi femmina con il cucciolo al seguito, degli orsi non sentiamo nemmeno l'odore. Ci consoliamo ammirando un tramonto spettacolare sul versante laziale del parco. Un po' delusi torniamo al rifugio dove altre due guide hanno preparato una gradevole cena a base di minestra di fagioli, bruschette al pomodoro e tagliere di affettati. Consumata la cena vengono distribuite torce a chi non ha scelto la versione "2 giorni" e si fermerà a dormire al rifugio per ritentare l'avvistamento l'alba del giorno successivo. Tanti auguri, saluti e baci e si riparte per la via dell'andata nel buio totale per una suggestiva escursione notturna con arrivo alle 22,30 in paese. È stata davvero una bella esperienza e, nel complesso, il bilancio è davvero positivo: le guide si sono prodigate per regalarci una bella esperienza. Trasporto, guida diurna e notturna, spiegazioni dettagliate, prestito di attrezzatura, ottima cena. Nel mio caso il tutto è anche arricchito dal dolce sapore dell'esperienza condivisa con mio figlio. Resta la delusione di non essere tornati a casa con la pelle dell'orso. Come si dice in questi casi, per addolcire la pillola: abbiamo una buona scusa per ritornare. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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