Nel tentativo di rubare questo colpo di coda di bel tempo ad un'estate che ci ha fatto pochi regali, approfittiamo delle accettabili condizioni climatiche per fare una rarissima scampagnata di gruppo. Organizzo quindi una escursione e, per incoraggiare i più pigri, creo un evento ad invito su Facebook dall'eloquente titolo "Grigliata Panzallaria". Le prove generali le avevamo fatte un mesetto fa quando siamo andati all'area attrezzata di Ponte del Faggio per un breve trek con grigliata. Allora il tempo era stato anche migliore, ma per il desiderio di non perdere un'ora di sonno extra, causa la sfortuna per una doppia bucatura e il traffico degli ultimi rientri, eravamo arrivati a Ponte del Faggio troppo tardi per fare anche solo due passi nel bosco. Questa volta controllo le gomme prima di partire e fisso la partenza alle 8. Nonostante il canonico ritardo di 15 minuti, riusciamo ad essere all'Aia di Guerrino alle 10, scarponi ai piedi. Il risultato ha dello straordinario, se si pensa che siamo una eterogenea carovana formata da 5 auto e 18 persone dagli 1 ai 70 anni. La straordinarietà della tempistica è migliorata se si tiene conto del fatto che in coda alla carovana c'è Andi a fare da freno: per risparmiare carburante va pianissimo, sfrutta le discese come un ciclista al Tour e il vento come lo skipper di Luna Rossa. Un paio di volte vedo addirittura sua moglie seduta fuori dal finestrino a strambare con un maglione. La presenza di Andi non passa mai inosservata e quando c'è contribuisce, con il suo spirito burlone, a rendere ancor più bella una giornata già di per se molto piacevole. Oggi si sono uniti a noi anche degli amici di Andi, Francesco e la sua bella famiglia. Francesco è pugliese e conosce Andi da tempo perché sono colleghi; poiché Andi non perde mai occasione per parlare di religione, lo soprannomina "il Prete". La cosa è piuttosto buffa e, nel giro di poco tempo, tutti adottano lo stesso soprannome e Andi diventa ufficialmente "il prete". Francesco mi spiega anche che, per estensione, la moglie e la figlia di Andi si chiamano "la suora" e "la chierichetta". Tutto il gruppo si incammina verso Monte Penna. Siamo proprio nel periodo del bramito del cervo ed io nutro la segreta speranza di un avvistamento. Le mie speranze però sono vanificate dalle dimensioni del gruppo che, con il suo chiacchiericcio, anticiperebbe il proprio arrivo anche ad un cervo sordo. Percorso l'ultimo strappetto arriviamo sulla terrazza naturale di Monte Penna e, nonostante la foschia veli leggermente il panorama con una patina grigia e spenta, tutto sommato riusciamo ad ammirare il panorama. Le nuvole coprono parzialmente il sole, ma riusciamo a scorgere tutto, anche la diga di Ridracoli. Dopo alcuni minuti di doveroso riposo e dopo avere scattato alcune immancabili foto ricordo, riprendiamo la strada verso l'Aia. Il programma prevede un rientro alle auto per coloro che hanno scelto la versione del trekking light (3km). Riconsegno ad Alice figlio e trasportino, che mi sono portato sulle spalle per evitare che rimanesse da sola nel bosco, e guido il resto del gruppo fino al passo della Crocina. Da qui prendiamo il sentiero che scende fino a Campo dell'Agio, dove ritroveremo coloro che hanno raggiunto il Campo in auto. Fra questi ci sono anche i miei genitori, che oggi mi hanno fatto il grande regalo di essersi uniti a noi in questa bella giornata settembrina in mezzo ai boschi di Badia Prataglia. La presenza di tutti coloro che hanno accolto il mio invito mi ha fatto un gran piacere, ma c'è n'è una che devo citare sopra le altre ed è quella di Fabio: non ci vedevamo da un sacco di tempo ed oggi, per una fortunata coincidenza, è riuscito ad accettare il mio invito perché questa settimana è in ferie. Normalmente lavora di sabato e non può mai unirsi a me, nonostante farebbe molto piacere ad entrambi perché condividiamo la passione del trekking e della fotografia. Oggi mi godo il piacere di camminare e chiacchierare insieme a lui ed in men che non si dica vediamo le tegole rosse del casotto di Campo dell'Agio avvolte da una incoraggiante nuvola di fumo. Le mie istruzioni sono state seguite alla lettera e la brace è già pronta per la grigliata. O almeno così spero. Purtroppo le mie istruzioni non sono state seguite alla lettera e quando arrivo in zona barbecue la carbonella si è consumata senza ardere. Tentiamo la rianimazione e fra legna, liquido infiammabile, diavolina, soffiate e rituali voodoo, riusciamo a scaldare un po' la griglia. Per aumentare il coefficente di difficoltà qualcuno ha portato braciole di brontosauro, altri costarelle e pancetta, e il risultato è che invece di fare un paio di grigliate ne dobbiamo fare 6 o 7, le ultime a 20 gradi centigradi. Mi siedo per mangiare le mie salsicce fredde alle tre del pomeriggio, ho le mani nere e puzzo come un tizzone, ma sono molto felice: abbiamo camminato abbastanza, siamo stati in ottima compagnia, intorno a me vedo tanti amici sereni e a panza all'aria. Bella camminata, bella giornata, bella grigliata, bella gente!
2 Commenti
Questo blog è pieno di errori, ma quello del titolo non è un refuso, piuttosto un semplice gioco di parole. A pochi giorni di distanza dalla grande cavalcata appenninica di sabato scorso (vedi post precedente), mi ritrovo con un inatteso quanto graditissimo giorno di riposo e colgo l'occasione, più unica che rara, di trascinare nuovamente la mia famiglia fra i monti. Nel caso di Valentina il verbo trascinare non è usato a sproposito. Voglio assolutamente che vedano Monte Penna perché la giornata è serena, il cielo limpido e la vista sarà senz'altro spettacolare. Convincere anche la Vally non è semplice, ma cerco di blandirla con la promessa di una grigliata a Campo dell'Agio, vicino a Badia Prataglia. Parcheggiamo la macchina all'Aia di Guerrino e ci addentriamo subito nel bosco. Di tanto in tanto incontriamo qualche speranzoso fungaiolo: sarebbe la stagione adatta per trovare funghi, se non fosse che quest'anno è stata un'estate troppo strana e di funghi ce ne sono davvero pochi. Completato il breve tragitto che si snoda pianeggiante in mezzo a questa foresta lussureggiante, scelgo la strada più breve per raggiungere la cima. Il percorso ufficiale aggira il poggio ed è in salita più dolce, ma ruba il piacere della vista improvvisa: con lo strappetto di 200 metri che taglia il bosco invece, ci si ritrova davanti il punto panoramico in modo improvviso e sorprendente. Valentina non apprezza la mia scelta, mentre arranca in salita. La vista è davvero mozzafiato, ma per la Vally non è sufficiente. Quando le chiedo se il panorama ha ripagato la fatica della salita mi risponde seccamente con un no deciso e imbronciato. Non c'è verso di farle amare la montagna.... Il tempo di scattare qualche foto di rito e riprendiamo la strada verso l'auto. Mentre ci stiamo dirigendo a Campo dell'Agio per la grigliata promessa, vedo sullo stradello forestale quella che potrebbe sembrare una foglia mossa dal vento. Avvicinandomi ho il sospetto che possa essere un topolino e allora rallento e ci passo sopra, evitando con cura di non schiacciarlo con i pneumatici. Quando dichiaro il mio sospetto, tutta la famiglia mi impone una sosta di verifica. Parcheggiata l'auto ci avviciniamo e osserviamo da vicino il topo più strano del mondo. Io noto le orecchie grandi, gli occhi insoliti e la forma delle zampe ed azzardo che potrebbe trattarsi di un cucciolo di ghiro. A questo punto Roberta, pervasa dallo spirito materno, si preoccupa per il cucciolo. Io sarei per lasciarlo al suo destino a bordo strada, ma i miei figli e mia moglie non possono accettare di abbandonare il cucciolo, facendomi passare per un senza cuore. Roberta contatta la Guardia Forestale e quando riattacca si sente molto più serena: "Hanno detto che è un cucciolo di ghiro e che non dobbiamo fare nulla oltre a lasciarlo libero nel bosco, magari lontano dalla strada così da evitare che un' altra auto lo schiacci. Se è fortunato la mamma lo riporterà nella tana." Ora lei è serena, ma io sono basito: sono le stesse identiche cose che avevo detto io, ma evidentemente dalla bocca di un ufficiale in divisa hanno un altro peso. Nemo propheta in patria.
Prato al Soglio. Sullo sfondo un cielo terso.
Finalmente riesco a fare un trekking coi fiocchi, anzi "il" trekking, un percorso classico delle foreste casentinesi che taglia il parco lungo il crinale che divide Romagna e Toscana. Questa estate fra vacanze al mare e impegni vari sono riuscito a dedicare davvero poco alla mia grande passione e oggi mi sono preso un giorno tutto per me per questa traversata che desideravo fare da tempo. Il sentiero è noto anche come "la Giogana" perché i boscaioli aggiogavano i buoi ed usavano la loro forza trainante per portare i tronchi abbattuti fino alle vie di comunicazione. Metto la sveglia alle 6 (solo la mia passione…) e parto per l'eremo di Camaldoli; parcheggio, infilo gli scarponi e inizio il sentiero. Appena completo il viale che passa alle spalle dell'eremo, all'imbocco della salita che mi porterà sul sentiero della Giogana, sento i rintocchi della campana: è la messa delle otto del mattino. L'aria è fresca e sul crinale, come sempre, soffia un bel venticello. Se ci fosse mia moglie si metterebbe una felpa, nonostante sia il 31 di agosto. Poco dopo sento un rumore nel bosco, versante ovest, quello toscano: mi volto e vedo correre fra gli alberi tre daini, probabilmente spaventati dai miei passi. Poggio Scali controluce. Divoro la strada, sono in forma e sono euforico. Prato al Soglio, La Scossa, Passo Porcareccio, supero di slancio questi punti dai buffi nomi e, quasi senza accorgermene, vedo il cartello che mi annuncia lo strappo di Poggio Scali. Sono venuto altre volte fin quassù, ma ogni volta è un'emozione. Mentre scatto foto dalla cima, vedo salire due bikers a spinta: "Così non è valido ragazzi!" Se la ridono. Scambiamo due parole, ci illustriamo vicendevolmente l'itinerario di giornata e ci lasciamo prendendo direzioni opposte. Scendo al passo della Calla e guardo l'orologio: sono le 10,45. Ci ho messo due ore e 50 minuti per fare un tratto che le guide stimano fra le 3 ore e mezzo e le quattro ore. Ho tanta voglia di camminare. Mi fermo per uno spuntino e chiamo mia moglie: mi dispiace essere qui senza di lei, le gioie più belle sono incomplete se non sono condivise con chi ami. Poggio Scali. Alle mie spalle i prati della Burraia. Riprendo la strada del ritorno e mi fermo solo per qualche foto, per scambiare due parole con altri viandanti e per medicare un piccolo taglio. Riesco a ripetere la "prestazione" dell'andata, ma decido di allungare ulteriormente per tornare all'eremo, passando per un sentiero che non ho mai fatto prima. Non lo trovo subito e prendo per errore la salita che porta al rifugio Fangacci, come se oggi non avessi fatto abbastanza strada. Sono veramente stanco e credo che se dovessi veramente risalire fino al rifugio, non ce la farei. Torno sui miei passi e finalmente imbocco il sentiero giusto. Meno male. perché incomincio a sentire le prime avvisaglie di crampi. Belvedere sulla Romagna dal crinale della Giogana. Arrivo nel parcheggio dell'eremo e trovo parecchi turisti. Vedendoli passeggiare nel piazzale non posso non domandarmi: come si può venire fin quassù senza addentrarsi in questa foresta fiabesca? Probabilmente vedendomi sbucare dal bosco, sudato e spossato, stanno pensando: "Ma chi glielo fa fare a questo matto di girare tutto solo in mezzo ai boschi?" Questione di gusti. Sulla via del ritorno guido l'auto con un sorriso ebete sul viso: è stata una giornata strepitosa. Questa sera e domani mi faranno male i muscoli delle gambe, ma ne è valsa la pena. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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