Il proverbio recita che "non c'è due senza tre", ma in questo caso mi permetto di dichiarare che al secondo tentativo non ne farà seguito un terzo. Dopo il fallito tentativo di bear-watching di due anni fa in compagnia di mio figlio Giacomo, ci riprovo con il nipotino Mattia ma l'esito non cambia. È ovvio che l'orso marsicano non abbia in simpatia quello romagnolo. Mi sta anche bene, quello che non mi sta bene è pagare a caro prezzo queste escursioni guidate e tornare sempre con un pugno di mosche. Ma quanto mi costa l'orso al chilo? Da quest'anno Ecotour non ha più in gestione l'affascinante Rifugio Pesco Di Iorio e quindi la location per gli avvistamenti si sposta in Val Cicerana dove l'associazione ha ristrutturato e gestisce l'omonimo eco-rifugio. La novità mi lascia un po' perplesso ma al tempo stesso mi incuriosisce provare un'escursione alternativa. Siamo fortunati: il nostro anfitrione è Paolo, una guida GAE e AMM molto preparata che rende la salita piacevole grazie alle informazioni dettagliate sul comportamento del plantigrade. Vengono segnalate orme, fatte di lupo, abitudini sociali e alimentari dell'orso, il tutto con dovizia di particolari e grande disponibilità nel rispondere alle nostre, talvolta sciocche, domande. Giunti al posto di osservazione ci appostiamo armati di binocoli e tanta buona volontà. Ci sono anche dei fotografi amatoriali dotati di attrezzatura professionale. Alcuni hanno dei teleobiettivi che potrebbero fotografare i crateri lunari. Trovo il punto di osservazione un po' deludente: se pure l'area sia più vasta rispetto a Pesco di Iorio, dobbiamo puntare lo sguardo a grandissima distanza. Rispetto all'appostamento precedente, dove si cercavano gli animali nella valle sottostante, in questo caso si punta lo sguardo sul versante dei lontani monti opposti. La mia perplessità è confermata quando Paolo annuncia la comparsa di un branco di cinghiali che cala sul versante. Impensabile vederli a occhio nudo, sono poco percettibili anche con i binocoli. Le cose migliorano facendo il turno al canocchiale fisso di Paolo, ma è sempre roba da super vista. Da queste distanze si vedrebbe bene solo King-Kong. Il freddo è pungente e rimanere fermi immobili non aiuta. Mattia incomincia ad annoiarsi e gli avvistatori calano di numero. I meno motivati si alzano e incominciano un fastidioso chiacchiericcio. Si tratta dei soliti superficiali che sono saliti con le scarpe da tennis e pensavano che l'orso marsicano sarebbe venuto a farsi accarezzare accoccolato ai loro piedi. Paolo avvista una femmina di cervo che bruca solitaria e, poco dopo, un maschio che si muove da solo e molto lontano dalla femmina. Quando sento annunciare l'avvistamento del cervo mi butto sul canocchiale fisso perché non voglio perdere l'occasione di ammirare questa stupenda creatura. Purtroppo oltre che essere molto lontano si trova sul versante ombroso e quindi anche in questo caso la qualità dell'avvistamento non è eccelsa, ma di più non posso chiedere. Cala il sole e finisce l'appostamento. Al rifugio, davanti a una zuppa di lenticchie e a un tagliere di formaggi e salumi, il responso è comune: bella esperienza, è mancato solo l'orso. Hai detto niente...
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Se questi sono giganti, io sono alto due metri e venti. Ma procediamo con ordine. Dopo due settimane di vacanza calabra fra mare, piscina e fiume (concordo che lavorare in miniera sia peggio…), decido di prendermi la mia solitaria pausa montana. Affiora il mio spirito da lupo solitario e non trovo luogo migliore per isolarmi delle montagne silane, note per la presenza del re dell’Appennino. Sono reduce da un periodo di pigrizia e non posso permettermi lunghe cavalcate; in queste vacanze non ho fatto altro che sdraiarmi sul lettino, rosolarmi al sole e leggere fino allo sfinimento. Per non parlare della dieta: due settimane di capicollo, caciocavallo e melanzane ‘mbuttunate potrebbero ridurre ai minimi termini anche un atleta olimpionico. Decido quindi di fare rotta sulla riserva naturale di Fallistro, nota come la Riserva dei Giganti della Sila. Leggo su internet che il percorso è breve ma merita una visita. Mi sembra un taglio perfetto per la giornata, ma rimarrò abbastanza deluso. Arrivo alle 9 davanti ai cancelli e li trovo chiusi. Non mi stupisce il ritardo (siamo in Calabria, mica in Svezia…), ciò che mi stupisce un po’ è che ci siano dei cancelli. Un bosco recintato….bah. Mi faccio un giro ammirando il bel panorama e ritorno sul posto dove trovo un solerte bigliettaio che mi spiega il giro in calabrese estremo. Mi avvio e da subito resto un po’ deluso: comprendo che la necessità di preservare questa pineta imponga l’esercizio di regole e comprendo anche il fatto che per rendere fruibile la visita a persone di tutte le età si debba allestire un percorso facilmente agibile, ma non riesco a godermi la più strana camminata nel bosco che abbia mai fatto. Il tragitto è tutto pavimentato con assi di legno, il sentiero è costretto da una recinzione che impedisce ai soliti furbetti di avvicinarsi troppo alle piante e ogni albero monumentale è segnalato con una tabella che riporta altezza e circonferenza. Sarà anche perfetto per le scolaresche, ma per uno come me che ama la natura vera e libera e che vede negli alberi i veri signori delle montagne, trovo spoetizzante camminare in questo salotto verde. Sono abituato a camminare nei boschi su sentieri che non sono agevoli, ammirando queste creature longeve, muti testimoni di secoli di storia. A volte tocco gli alberi e ne sento vibrare l’energia. Qui invece mi sembrano animali in gabbia. Praticamente cammino in uno zoo di alberi. Inoltre la riserva è di dimensioni molto ridotte, inferiori alle mie aspettative e la visita si esaurisce in tempo breve anche se faccio il giro un paio di volte e mi attardo a fotografare numerose piante. Il termine “Giganti” mi pare un po’ abusato: ho visto alberi con un diametro maggiore e, probabilmente, più alti. Le targhe descrivono piante che superano i 40 metri di altezza ma a me paiono più bassi se prendo come riferimento il palazzo dove abito che misura circa 35 metri. Queste piante mi sembrano più basse, secondo me qui qualcuno fa il furbetto. Che i gestori della riserva barino sulle misure come fanno i pescatori? Comunque, al netto di tutte le mie critiche e perplessità, ammetto che le piante sono belle e maestose e meritano numerosi scatti. Amo scattare foto orizzontali ma qui, contrariamente alle mie abitudini, mi ritrovo a scattare quasi esclusivamente foto verticali. Nulla mi restituisce pace come una camminata fra i monti, impegnato a confrontarmi con me stesso. Oggi ho bisogno di camminare solo, di sentire il mio respiro, di ascoltare il mio corpo, di sfidarmi e di udire l’assordante voce del silenzio. Parto alla volta del Passo dei Mandrioli e lascio l’auto qualche curva prima di giungere al passo, subito dopo il Villaggio Ravenna Montana, all’imbocco di quel sentiero 201 che ho percorso un anno fa. Anche in quella circostanza ero solo ed ho tentato un lungo anello, riuscendo solo in parte nella mia impresa a causa dei crampi. Oggi non sono meglio allenato, ma sto imparando a conoscere i miei limiti ed a gestire le mie risorse. Approfitto della solitudine per andare al mio ritmo, libero dalle pressioni e dalle esigenze del gruppo. È il 2 agosto ma la giornata non si presenta particolarmente calda. Il cielo è prevalentemente sereno ma a tratti attraversato dal nuvole cupi provenienti dal versante di Bagno di Romagna, nubi che coprono le cime lontane facendole apparire come isole al contrario. Dal Poggiaccio la vista è sempre bella. Finalmente abbandono la strada forestale ed entro nel bosco sul sentiero che picchia verso Pietrapazza. Sto camminando sui miei passi, su quella traccia che ho disegnato un anno orsono; quest’anno però decido di variare e non lascio il sentiero per puntare verso il crinale roccioso di Maestà del Raggio. Scendo fino alla chiesa e inizio la salita che porta a Siepe dell’Orso, cosciente del fatto che sarà una lunga scarpinata fino al Passo della Crocina, ambita meta odierna. Ho un piano: dividere il percorso a tappe, sostando per mangiare poco cibo nutriente e bere molto per mantenere idratati i muscoli. Inoltre la conoscenza del percorso mi consente di stabilire in più punti se proseguire o abbandonare il percorso programmato, un po’ come è accaduto lo scorso anno. Faccio la mia prima sosta a Siepe e sto bene, troppo bene per mollare. Mi concedo una deviazione e punto verso Podere Romiceto dove spesso è possibile ammirare i daini. Il mio tentativo è premiato con la vista di un branco di una dozzina di esemplari che bruca placidamente accanto a una mandria di imponenti vacche romagnole. Inizio la salita che porta a Passo della Bertesca. Vedo la meravigliosa foresta solo a tratti, quando il sentiero spiana brevemente prima di riprendere inesorabilmente ripido. Quando la strada sale, procedo a testa bassa senza accorgermi molto di ciò che mi circonda. Giungo al punto panoramico di metà salita e mi concedo un breve pausa per bere e scattare una foto alla sottostante Foresta della Lama. Lungo la salita incontro gli unici escursionisti di giornata, una coppia che scende in senso contrario. Quando arrivo al Passo sono stanco ma non pago, quindi dopo la solita sosta ristoratrice riprendo verso la Crocina. Ho percorso tante volte questo tratto, ma sempre in discesa. Mi aspetto chissà cosa, invece arrivo ai quasi 1400 metri del Passo con sorprendente rapidità, tanto che punto al Passo dei Lupatti senza sostare. Ora mi trovo sullo 00 ed il sentiero si fa molto più facile e pianeggiante, correndo in mezzo a file di faggi alti e ritti illuminati dal sole filtrante. Sul sentiero trovo numerose fatte fresche e mi guardo intorno nella speranza di vedere animali, ma nemmeno oggi faccio incontri interessanti. Devo accontentarmi dei daini visti al Podere. Arrivato al Passo dei Lupatti (più lontano di quanto pensassi) mi sento appagato. È un punto di non ritorno, ormai non posso più ricorrere a scorciatoie o riduzioni. Penso a come spesso paragono i miei percorsi alla vita e a come spesso apprendo qualcosa nel mio cammino. Oggi però penso che la lezione non sia applicabile: nella vita non sai mai cosa cela la prossima cima, non hai una carta che ti dice esattamente dove sei e dove puoi andare, non puoi dire “arrivo fino a lì e poi decido cosa fare”. La vita è molto più spietata. Puoi solo salire e sperare che la salita finisca, senza sapere per certo che quella successiva non sia più ardua di quella appena conclusa. Non puoi guardare la cartina e dire a te stesso: “se me la vedo brutta cambio strada”. Più spesso devi bere interamente il calice amaro, con un frustrante senso di impotenza e mancanza di controllo.
Ai Lupatti si accende la spia della riserva ed anche il minimo strappo mi sembra una salita insormontabile. Ma sono rincuorato dal fatto che ormai sono arrivato, infatti in breve incontro il crocevia che mi riporta con una ripida discesa sulla forestale percorsa questa mattina. Mi sembra di avere compiuto una grande impresa avendo percorso 19km in 6 ore e mezzo, affrontando un dislivello complessivo di 1122 metri, ma mi accorgo che se paragono questo sentiero a quello della vita, non ho fatto davvero nulla. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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