Indecisi a causa delle non chiare previsioni meteo degli ultimi giorni, io e Sandro prendiamo la strada verso le foreste casentinesi senza sapere esattamente a cosa andremo incontro e quale trek potremo percorrere. Le uniche cose che sappiamo sono che la giornata sarà bella (previsione confermata) e che abbiamo entrambi una gran voglia di buttarci lungo una pista in mezzo al bosco, qualsiasi essa sia. Con questo infantile entusiasmo ci avviciniamo alle cime nella segreta speranza che le condizioni rendano possibile una visita a Poggio Scali, meravigliosa terrazza naturale su Romagna e Toscana che Sandro non ha mai visto e sulla quale io tornerei volentieri. Dopo avere abbandonato l’idea di un approccio dal versante toscano (non troviamo saggio affrontare il passo dei Mandrioli), ci avviciniamo alla Calla con circospezione e ottimismo: solo le cime della Giogana sono imbiancate, ma la strada Santa Sofia-Campigna è pulita. Lasciata l’auto a Campigna imbocchiamo il sentiero antico che sale al passo e ci rendiamo immediatamente conto che la pulizia delle strade è ingannevole: di neve ne è caduta veramente tanta ed ovviamente nessuno ha pulito o battuto il nostro sentiero. Arranchiamo a fatica nel primo tratto e spesso il nostro passo affonda nella neve alta. La salita risulta piuttosto faticosa ed inizio a pensare che sarà veramente dura raggiungere i 1500 metri di Poggio Scali. Invece per uno strano motivo a me non chiaro (ammetto la mia ignoranza in materia) dopo i primi affanni la neve diventa sempre più alta, ma anche sempre più dura e compatta. Non abbiamo le ciaspole ma ci rendiamo conto che se mettiamo il piede piatto, evitando di battere prima con il tacco, la consistenza della neve regge il nostro peso, anche il mio considerevolmente superiore a quello del leggiadro Sandrino. Alla Calla usciamo dal bosco e siamo investiti dal sole e dalla luce. La giornata è meravigliosa, il cielo è sgombro ed i colori dominanti di giornata diventano immediatamente l’azzurro e il bianco. Tantissimo bianco. Non che la foresta non fosse bella, ma sbucare in questa radura mi da la sensazione di essere uscito dall’armadio fantastico di C.S. Lewis per essere entrato nel regno di Narnia. La regina del ghiaccio si è data davvero da fare ed il paesaggio è un incanto. Rientriamo nel bosco percorrendo il crinale della Giogana e siamo rapiti dalla fiaba della neve. Gli alberi sembrano fantasmi con mille braccia. Dopo la nevicata il vento ha soffiato forte dalla Toscana per spogliarli ed il risultato è che, se da un lato la corteccia risulta sgombra, dall’altro si sono cristallizzate lunghissime piume di ghiaccio che li fanno sembrare fantasmi silenti immortalati in un dipinto, mentre si levano in volo. Incontriamo altri escursionisti, alcuni con i soli scarponi come noi ed altri più saggi muniti di ciaspole. Incrociamo anche due sciatori di fondo che affrontano il sentiero nonostante la pista non sia battuta. Altri escursionisti hanno al fianco un amico a quattro zampe. Oggi infatti con noi c’è Blondie, che nei tratti scoperti e soleggiati corre con l’entusiasmo di un cucciolo. Ad un certo punto sento un rumore di slavina e voltandomi vedo il povero Sandro investito da tantissima neve scivolata improvvisamente da un ramo posto proprio sopra la sua testa. Povero Sandro, sembra un pupazzo di neve! Dopo l’ultimo strappo siamo finalmente su Poggio Scali ed il panorama ripaga lo sforzo compiuto. Il cielo è pulito e possiamo ammirare i due versanti, la Riserva di Sasso Fratino ed in lontananza la Giogana che si perde verso i Mandrioli; sul lato opposto ammiriamo l’anfiteatro del Falterona. Sono stato diverse volte sul Poggio, ma ammetto di non avere mai fatto tanta fatica. La neve è bellissima, ma esige un tributo ed a pagarlo sono le gambe. Siamo sul tetto del parco ed i nostri cuori leggeri volano più in alto dei 1500 metri raggiunti. Se la vita è uno scrigno di ricordi, oggi vi abbiamo riposto un’altra gemma preziosa. Un boccone e qualche foto e siamo già pronti per riprendere la via del ritorno. Il navigatore di Sandro dice che abbiamo percorso circa 7 km in tre ore e poiché oggi non faremo un anello, sappiamo di essere solo a metà strada. Ci rituffiamo nel bosco mentre il calore del sole alto incomincia a sciogliere la neve ed insieme a lei l’incanto del mattino. Tornati all’auto ci sembra di rientrare nell’armadio. Lasciatici alle spalle il panorama di questo paesaggio da fiaba, sbucheremo nuovamente nel grigiore del quotidiano, ma siamo felici: non tutti possono dire di essere stati a Narnia, anche solo per un giorno.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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