Oggi escursione in terra marsicana per le Piadine Randagie. Dopo due anni di insistenze e racconti sulla Val di Rose, che ad ogni versione ingigantivo come un pescatore bugiardo e impazzito per convincerli a seguirmi, la loro resistenza cede e ci avviamo di venerdì pomeriggio per una inedita notte fuori casa. Il Parco abruzzese è troppo lontano da casa per costringere tutto in un solo giorno. Facciamo i salti mortali per prenderci mezza giornata libera, ma lo sforzo è ripagato. Prenoto una camera in quello che penso sia un b&b per disperati e invece ci ritroviamo in un piccolo hotel che supera le nostre aspettative. Prima di cena ci raggiungono per l'aperitivo i globtrotters Marco e Iulia che non hanno saputo resistere alla tentazione dell'esclusiva escursione. Hanno capito perfettamente che il tradizionale consolatorio "sarà per la prossima" in questo caso rischia di diventare un epitaffio. Queste occasioni sono più uniche che rare e vanno colte, anche a fronte di qualche piccolo sacrificio. Per la cena ci affidiamo alle recensioni di Tripadvisor ed alla pigrizia, infatti a 20 metri dall'albergo c'è "Il luparo" il secondo ristorante di Civitella Alfedena, stando alle votazioni del popolo del web. Anche in questo caso siamo fortunati e consumiamo un'ottima cena in piacevolissima compagnia. Ci sarà domani per smaltire gli stravizi della tavola. Mettiamo la sveglia alle 6 del mattino e prima ancora delle 7 ritroviamo gli amici Marco e Iulia fuori dall'hotel, emozionati e scalpitanti: hanno visto dei cervo lungo la strada, mentre venivano all'appuntamento. La giornata promette bene. La gestrice dell'hotel ci ha garantito la vista dei camosci appenninici, aggiungendo altissime probabilità di vedere anche cervi. A queste parole Gabriele si commuove: nonostante i chilometri battuti in lungo e in largo in terra casentinese (e le migliaia di daini...), ancora non ne è riuscito a vedere uno. In effetti anche il sottoscritto ne ha visti un branco nella precedente escursione in Val di Rose e mi piacerebbe tanto fare il bis. Il percorso, a fronte della sua innegabile bellezza, richiede un tributo in termini di impegno. Certamente abbiamo fatto più fatica in passato, ma l'anello della Val di Rose non può essere classificato come un giro dei più facili. Alla fine percorreremo "solo" 14km ma è soprattutto il dislivello che taglia le gambe, si sale infatti dai 1000 metri di Civitella fino ai 2000 del Monte Boccanera. Ma stiamo andando a casa dei camosci e non possiamo aspettarci che pongano la loro dimora in luoghi poco impervi. Fino a Passo Cavuto è una salita costante di 5km che ci consente di vedere scorci meravigliosi sul Lago di Barrea e di attraversare una faggeta spettacolare. Usciti dalla faggeta siamo a casa dei camosci, quel Monte Boccanera dove speriamo di poterli incontrare. Mentre saliamo speranzosi puntiamo i nostri binocoli sulle rocce, ma degli splendidi arrampicatori non c'è ombra. La sella del passo non è lontana e so che una volta raggiunta, abbandoneremo le speranze di un avvistamento. Vengo anche immortalato da Iulia mentre spalanco le braccia sconsolato. Poi vedo una macchia lontana fra le rocce. Sembra solo una roccia di colore rossiccio e la punto con il binocolo. Aspetto ostinatamente e la roccia resta immobile, fino a quando si muove rivelando la sua identità. Ecco le corna, non mi ero sbagliato: è un camoscio isolato che bruca quasi in cima al monte. Non è molto ma ci accontentiamo. Sono rimasto indietro a causa di questa caparbia caccia e dopo qualche rampa l'avanguardia annuncia un altro avvistamento, molto più vicino al sentiero. Al riparo dalla calura si rivelano uno, due, tre...sei camosci. È festa. Tentiamo una sortita fuori sentiero e gli animali non si spaventano, dandoci la possibilità di fotografarli da pochi metri. Sembra quasi che si mettano in posa. A questo punto Iulia, già ribattezzata da Gabriele "il camoscio biondo" per il passo spedito lungo la salita, si inerpica fra le rocce armata della sua fedele macchina fotografica. In breve si ritrova addirittura sopra i camosci e ci regala scatti bellissimi. Quando sento il capobranco emettere un verso d'allarme richiamo il camoscio transilvano: non è giusto spaventare queste meravigliose creature. Felici come bambini raggiungiamo il Passo e dall'alto dei 2000 metri ammiriamo il panorama abruzzese a 360 gradi. Riusciamo a vedere in lontananza anche una famigliola di cinghiali composta da mamma e due cuccioli. Sono così lontani e scuri che per un attimo penso possano essere orsi. Poi vedo agitarsi un codino e resto un po' deluso. Proseguiamo per Forca Resuni, il mio luogo del cuore e dell'anima, e cammino fra le rocce come un omino Lego: scarponi nuovi, vesciche su tutti e due i talloni e crampi alle cosce. Eppure sono felice. Dopo la sosta alla Forca scendiamo verso Valle Iannanghera ed io resto ostinatamente in coda al gruppo munito di binocolo. Sembro il Gran Mogol. Ma oggi la montagna ci ha già concesso tutto e rientriamo nel fitto della faggeta. Quando non manca più molto sentiamo rumori sinistri nel bosco. Dopo pochi secondi identifichiamo i grugniti striduli dei cinghiali. È una lotta, ma contro chi? Inizia il gioco delle congetture ed io propendo per l'ipotesi più affascinante: un branco di lupi che ha accerchiato un cinghiale. È plausibile ma non ne avremo mai la certezza. Ci lasciamo così alle spalle una natura selvaggia e incantevole, una giornata indimenticabile e il desiderio di tornare in questi luoghi. Lasciamo tutto sul monte tranne il camoscio transilvano: quello deve tornare ad Ancona. Clicca sul bottone sottostante per vedere le foto scattate da Iulia.
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
|