Per la serie "non posso sempre e solo proporre io un sentiero nelle Foreste Casntinesi", oggi mi affido alla guida di Marco, il quale ha percorso questo anello un anno fa con un gruppo CAI; il percorso gli è tanto piaciuto che quando lo ha proposto durante il recente anello di San Paolo la risposta delle nostre compagne di viaggio è stata entusiasta. Personalmente non vado pazzo per il trekking nel Montefeltro, ma mi adeguo volentieri pur di avere al mio fianco Roberta che non ama le Foreste perché sono lontane da casa e perché ritiene che i suoi cammini siano troppo impegnativi ed impervi. Oggi troverà soddisfatta solo la prima delle due aspettative, infatti giungiamo in circa 40 minuti di viaggio tranquillo e pianeggiante a Ponte Santa Maria Maddalena e iniziamo a camminare lungo gli argini del Marecchia in una serena giornata primaverile, fino a quando non giungiamo alla forra della cui esistenza Marco ha celato l'esistenza ai membri del piccolo manipolo. Dopo pochi passi le donne sono nel panico: sbalzi di roccia da scalare e tratti da superare in equilibrio instabile mentre procediamo nel cunicolo buio di roccia spaccata che incombe su di noi per diversi metri. Il percoso nel piccolo canyon è bello e suggestivo, reso più facile dalla quasi totale assenza di acqua. Camminiamo con grande lentezza percorrendo circa un chilometro in un'ora. Ci perdiamo un paio di volte e superiamo un salto con l'ausilio di una corda che provvidenzialmente marco ha messo nello zaino. Quando la forra termina Marco non trova l'uscita e, mentre stiamo per desistere per tornare sui nostri passi, si accorge che la traccia esiste ma è stata sommersa dalla vegetazione. È ovvio che dalla sua ultima visita nessun altro è passato di qua. Il tratto è breve ma ripido e cosparso di rovi, costringendoci ad una arrampicata dalla quale usciamo pieni di graffi alle braccia. Ma le sorprese non sono finite, perché sbucati dalla forra non esiste traccia. Marco si inventa il percorso passo dopo passo, smarrito dalla vegetazione e dall'assenza di segnaletica, uno dei motivi per i quali non amo camminare in Valmarecchia. Scavalchiamo una recinzione di filo spinato, guadiamo un fosso e attraversiamo un campo di grano, per arrivare su uno stradello che imbocchiamo verso San Leo. Marco è perso. Sa dove si trova e in quale direzione andare per tornare all'auto, ma questo lo so anche io, ciò che non ritrova è il percorso fatto con il CAI. Intorno a noi è un mare verde di campi di grano giovane che si piega ordinatamente al soffiare della brezza, disegnando onde che sembrano salutare il nostro passaggio. Superiamo alcuni antichi caseggiati e, giunti in un punto panoramico sulla valle, chiediamo a un signore se possiamo fermarci a mangiare sulla sua proprietà, sfruttando una panca all'ombra. Questi non solo ce ne concede l'uso, ma dopo poco si presenta con un cesto di fave appena raccolto. Solidarietà contadina. Dopo la sosta riprendiamo il facile stradello che porta al borgo di Tausano senza salire sulla cima perché Roberta accusa uno stiramento che probabilmente si è procurata nello sforzo per uscire dalla forra. Dopo una visita alle are sacricali di era paleolitica, riprendiamo l'asfaltata che in facile discesa ci porta a Montefotogno e poi nuovamente al punto di partenza. Voto 10 alla compagnia e 10 alla giornata, voto più basso a questa Valmarecchia che considero troppo urbanizzata e troppo poco organizzata perché vi si possano percorrere dei trekking entusiasmanti. Le foto di Heidi
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
|