Oggi era in programma la nostra tradizionale castagnata, ma il maltempo e la crisi economica hanno parzialmente compromesso la giornata. Il castagneto ci ha chiesto 8 euro a persona per due ore di raccolta. Solo la mia famiglia avrebbe dovuto spendere 32 euro! Rinunciamo alle castagne, ma non al progetto di trascorrere una bella giornata nei boschi, in buona compagnia. Conoscendo la disaffezione generale per il minimo sforzo fisico, tento, con rinnovata ingenuità, di mettere in piedi un programma per tutti i gusti: un percorso breve e pianeggiante di 6 km per i meno allenati, un percorso più lungo e impegnativo di 12 km per i più temerari. Gran finale nella tavernetta del Villaggio Azzurro, riuniti ovviamente intorno a una tavola imbandita. "Sciocco di un orsetto", diceva Christopher Robin a Winnie the Pooh. Mi sento come Winnie the Pooh. Un orsetto sciocco. Il numero dei partecipanti, già ridottosi da 42 (!) a 25 per rinunce dell'ultim'ora, cala drasticamente alla vigilia dell'escursione: è una pioggia di telefonate con comunicazioni di malattia, disturbi fisici e contrattempi vari. Siamo sull'orlo della pandemia. Alla partenza saremo solo in sette! All'ora di cena però, come l'araba fenice dalle ceneri, vedremo risorgere tutti questi malati. Un miracolo collettivo permetterà a ben 18 persone, assenti al mattino sul percorso montano, di ritornare in perfetta salute per l'ora di cena, e le ritroveremo con i piedi sotto il tavolo e il bavagliolo al collo. Roba da sangue di San Gennaro. Gli impavidi eroi di giornata sono, oltre a me e Giacomo: Emilio, Ilaria, Gigi, Cristina e Marco. Arriviamo al parcheggio davanti alla Casa Forestale Fangacci e appena scesi dall'auto avvertiamo subito il cambio di clima, molto più freddo che a Rimini. Iniziamo il percorso e mi accorgo di un elemento che avevo trascurato valutando il meteo: il vento. Mano a mano che saliamo aumenta, piega gli alberi e rende quasi impossibile il dialogo. Giunti a Prato Penna invito il gruppo a proseguire fino al Gioghetto, certo ormai del fatto che dovremo rinunciare. Non me la sento di chiedergli il sacrificio di un trekking guastato da questo clima avverso. Al bivio propongo una variante al programma originale, che avrebbe dovuto portarci fino a Poggio Scali, ovvero abbandonare il crinale per prendere il percorso meno esposto che porta fino alla foresta della Lama. Nonostante i miei moniti sulla difficoltà della risalita da Lama a Fangacci, i ragazzi accettano la variazione, disposti a tutto pur di abbandonare il sentiero esposto al vento. Dopo pochi metri avvertiamo subito un miglioramento: il vento è quasi scomparso e la discesa verso la Lama è morbida e gradevole. Il gruppo riprende morale e si cammina senza sforzo, chiacchierando e scherzando. Finalmente la natura diventa amica e i ragazzi incominciano ad apprezzare gli scorci che ci regala questa foresta magica. Il rumore diviene silenzio e gli abeti prendono il posto dei faggi. I cani di Gigi corrono felici avanti e indietro, controllando premurosamente l'integrità del gruppo. Giunti quasi all'area attrezzata della Lama, faccio l'errore di segnalare l'imbocco della salita al rifugio Fangacci: perché ci faresti scendere ancora, se poi dobbiamo risalire e ritornare qui? L'obiezione viene dalla bocca di Emilio ed inizialmente pensiamo sia solo una scelta dettata dalla pigrizia. Scopriremo tristemente che la sua non è stanchezza, ma il desiderio di ridurre al minimo lo sforzo, visto che la sua anca lo sta torturando. Il gruppo sceglie di rinunciare alla sosta pranzo alla Lama e ci sediamo per terra a mangiare i nostri panini. Se baci un rospo esce un principe, ma se baci una salamandra? Dopo pranzo imbocchiamo la salita. E' la seconda volta che l'affronto. La prima volta è stata più dura perché ero meno allenato e non sapevo bene a cosa stavo andando incontro. Avviso i miei compagni di cordata, ma sapere non evita la fatica: i gradoni di pietra al 70% di pendenza tagliano le gambe. Per fortuna la pendenza si riduce e il sentiero si apre e addolcisce, entrando nel bosco. Lungo la via incontriamo numerose salamandre perché questo ecosistema è il loro habitat preferito; questa è casa loro e qui siamo noi gli ospiti. Tutti salgono piuttosto bene, seppure a fatica, ma vedere la sofferenza di Emilio è un tormento. Vorrei caricarmelo sulle spalle o alleviare il suo dolore, ma il vecchio guerriero stringe i denti e ce la fa da solo. Rivedere il rifugio fra i rami è un sollievo per tutti. Avercela fatta ci sembra un piccolo miracolo, soprattutto per Emilio, ma ancora non sappiamo che all'ora di cena avremo l'opportunità di vederne uno ancor più grande, una miracolosa guarigione collettiva che ci permetterà una gradita reunion con i pigroni che ci hanno bidonato. Potenza del cibo!
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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