A pochi giorni dal mio rientro accetto l'invito del Presidente per un insolito trekking di coppia. Gli impegni professionali, e non solo quelli, hanno un po’ scoppiato il gruppo e per un po’ le Piadine non saranno più così unite, nemmeno in quella che Gabriele ama definire "la formazione tipo". Dopo una luculliana cena del Direttivo per programmare gli appuntamenti salienti del calendario 2018, ci rivediamo a poche ore di distanza allo Stravizia: siamo solo io e Gabriele. Carichi di entusiasmo partiamo alla volta del passo dei Mandrioli e alle 8,30 siamo già alla curva del Nocicchio con gli scarponi ai piedi. La giornata rispetta le previsioni ed il sole splende alto in un cielo intensamente azzurro. Il desiderio di Gabriele è addentrarsi nella conca di Pietrapazza dove ci sono pascoli nascosti, molto probabilmente frequentati da animali. In realtà non ne vedremo alcuno, ma il nostro desiderio è già stato appagato lungo la E45, come se percorressimo uno zoo safari: comodamenti seduti sulla Multipla sfrecciamo sulla striscia di asfalto mentre l’occhio vigile ed attento di Gabri scorge nei campi cinghiali, caprioli e persino una volpe. Uno straordinario bottino di caccia, tanto che io propongo di tornare indietro senza camminare affatto, ma poiché la meta del giorno non è soltanto avvistare animali, decidiamo di rispettare il programma. Camminiamo senza affanno lungo il sentiero che porta al punto panoramico del Poggiaccio, per poi percorrere la strada forestale, sentiero 209. Deviamo poi per la ripida discesa nel bosco sino a raggiungere la solitaria chiesa di Pietrapazza. L’ultima volta che sono stato da queste parti è stato a settembre dello scorso anno, ma è nel 2015 che ho percorso lo stesso identico itinerario di giornata. Quella volta ero solo e più allenato, eppure feci una gran fatica, tanto che accusai crampi una volta giunto alla forestale Cancellino-Lama. Ogni sono meno allenato e costretto ad un ritmo più impegnativo: anche se Gabriele rallenta il passo non mi è comunque facile stargli dietro, perché è molto più allenato ed ha gambe considerevolmente più lunghe del sottoscritto. Comunque me la cavo discretamente e mi godo la salita lungo il crinale che porta alla Cialdella. Da qui raggiungiamo il secondo guado di giornata e dopo poco l’Eremo Nuovo con il suo pascolo lussureggiante, dove troviamo evidenti segni di ungulati, ma non registriamo alcun avvistamento. Per vedere qualche animale sarebbe bene fermarsi ed attendere al riparo di un albero, ma non abbiamo così tanto tempo e forse nemmeno così tanta voglia, quindi riprendiamo la lunga salita che porta alla strada forestale. Arrivati alla Fonte delle Cavalle sono abbastanza rincuorato: ci siamo messi alle spalle parecchi chilometri e un considerevole dislivello, ma non sono particolarmente stanco, quindi mi rilasso e mi concedo a una di quelle dichiarazioni che un escursionista esperto non dovrebbe mai pronunciare: “Ora affronteremo il tratto più noioso”. Mai parole furono più funeste. La strada forestale in effetti dovrebbe essere un po’ monotona, però oggi è resa particolarmente difficile grazie alla presenza di neve e un numero altissimo di alberi abbattuti. Sembra una gara di Limbo. A volte li aggiriamo, altre volte ci passiamo sopra, altre ancora ci passiamo sotto. La neve, il fango, i tronchi ed i rami rendono il percorso complesso e faticoso. Dobbiamo guadagnarci ogni metro con grande dispendio di energie. Gabriele in salita ha avuto la bella idea di togliersi l’elemento inferiore dei pantaloni ed ora dalle ginocchia in giù sembra sia stato aggredito da un gatto. Dopo un paio di sofferti chilometri mi si accende la spia della riserva ma non posso fare altro che stringere i denti e proseguire. L’avvistamento di un daino che risale agilmente dal fosso non mi rincuora; non sono dell’umore adatto per apprezzare snelli ungulati che sgambettano leggiadri mentre io sbuffo come una locomotiva a vapore. Quando incrociamo un ciclista che tenta il sentiero in senso opposto, ne sono rincuorato: se è arrivato qui con la bici vuole dire che stiamo andando incontro a un miglioramento. In effetti all’incrocio dello 00 il paesaggio cambia radicalmente, ma arrivarci è comunque impegnativo. Da qui sarà una camminata più normale e senza il coefficiente di difficoltà aggiuntivo della neve e dei tronchi di traverso. Il mio rammarico è che di questo trekking, nella memoria non rimarrà il piacere dei 13km sgombri di neve percorsi al tepore di un gradevole sole primaverile, ma dei 4km di sofferenza passati a scavalcare tronchi facendosi frustare dai rami sprofondando nella neve. E poi hanno anche chiuso il chiosco della piada a Bagno di Romagna! Clicca qui per vedere il reportage fotografico di Gabriele
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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