Nel 1988 il poeta/cantante Francesco Guccini firmò un album intitolato "Quasi come Dumas", perché decideva di riproporre al pubblico alcuni suoi grandi successi "Vent'anni dopo". Il ricordo di quel titolo mi torna alla mente mentre cammino sulla cresta affilata che sale sulla cima di Pizzo Berro. Ma per capirne meglio il motivo devo fare qualche passo indietro. Marco e Iulia, i nostri carissimi amici anconetani che sono di casa sui Sibillini, ci invitano ad unirci a loro e ad Enzo e Sabrina per un anello classico di questo bellissimo Parco. Partiamo presto da Rimini e, dopo l'incontro a Civitanova, puntiamo verso il piccolo centro di Visso. Da qui saliamo per una mulattiera piena di ghiaia e buche che, dopo 12 chimoletri forzatamente a passo lento, si conclude alla forca del Fargno dove troviamo l'omonimo rifugio a quota 1700 slm. L'edificio è una colata di cemento dalla sgraziata forma esagonale ma, oltre al primato di rifugio più alto dei Sibillini, gode anche il pregio di trovarsi in un punto panoramico difficilmente eguagliabile: sovrastato dal Pizzo Tre Vescovi guarda in lontananza il Pizzo e Berro e si affaccia sul versante di roccia verticale di Monte Bove. Appena scesi dall'auto veniamo accolti dal padrone di casa: messer vento. Coperti oltre misura ci avviamo sul sentiero imbiancato, infatti per nostra grende sfortuna la sera precedente ha nevicato e siamo costretti a camminare disturbati da una coltre che raggiunge anche i venti centimetri. La strada è facile e pianeggiante per un lungo tratto. Il cielo è sereno e non abbiamo necessità di alzare lo sguardo per vedere le poche mubi che lo solcano, perché la loro ombra è proiettata nella valle. Da questo punto privilegiato sembra di ammirare un mare verde attraversato da mante giganti. Guido il gruppo e con la coda dell'occhio noto un movimento alla mia destra: è un giovane capriolo che risale agilmente il fianco della montagna. Giunti a un crocevia sostiamo per riposare e per scattare qualche foto. Risate, entusiasmo e pallate di neve. Sembra il prologo di una scalata epica, ma dietro l'angolo ci attendono delle sorprese. Percorriamo qualche centinaio di metri e la strada sale in punti sempre più esposti. Il terreno sdrucciolevole, la neve e le vertigini completano il quadro costringendo metà gruppo a un rientro forzato al rifugio. Non è saggio proseguire se manca la serenità. Io, Marco e Iulia però questa serenità non l'abbiamo persa e quindi decidiamo di proseguire, almeno per conquistare la cima del Berro. Saliamo incontrando altri escursionisti che, come noi, sono indecisi se proseguire fino alla cima di Pizzo Priora. Tutti però concordiamo: nonostante la neve è fattibile raggiungere Pizzo Berro senza correre rischi inutili. Ed è qui che mi viene alla mente il "quasi come Dumas" di Guccini, che per me diventa "quasi come Modugno" perché camminare tutto in cresta a oltre 2000 metri di quota mentre sia alla mia destra che alla mia sinistra la montagna cade a picco verso il fondo valle, avvolto dal vento e baciato dal sole, mi regala la senzazione del volo. Giunti alla cima (2250 slm) non ce la sentiamo di spingerci oltre, sia per il rischio che correremmo (il Priora è più innevato) sia perché ci dispiace farci attendere troppo a lungo. La discesa è meno bella della salita, perché ripercorre gli stessi passi e perché la neve ci costringe a una prudenza che riduce il piacere del cammino. Piacere che ritroviamo entrando nel casermotto del rifugio perché qui, oltre a riunirci agli amici godiamo di un gradevole tepore, e soprattutto possiamo pranzare con i piatti tipici dell'antica tradizione pastorale marchigiana. Volo poetico e atterraggio di panza.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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