Con Riccardo al rifugio Cotozzo. Oggi il mio compagno di giornata è Riccardo. Non ci conosciamo da molto e non c'è mai stata occasione di uscire con lui. L'invito è occasionale e davanti alla sua titubanza penso che sia uno dei tanti che non apprezza il trekking, quindi taglio corto e in modo un po' brutale gli dico al telefono: "Lascia perdere, già un paio di giorni fa mi hanno un po' frenato, oggi preferisco farmi una bella camminata da solo. Sarà per un'altra volta." Evidentemente l'ho punto nel vivo perché davanti alle mie parole, che sembrano accusarlo di pigrizia, si rianima e orgogliosamente dichiara che lui è ben allenato ed è un buon camminatore, quindi accetta il mio invito con il tono di chi accetta una sfida. Decido allora di metterlo un po' alla prova e scelgo un percorso mediamente impegnativo. Non voglio fare una passeggiata blanda, ma nemmeno bruciarmi un possibile compagno di future escursioni ed ho imparato bene, per triste esperienza, che se la prima uscita non è gradevole, resta un trauma difficile da rimuovere. Al contrario una buona esperienza farà di lui un amante della montagna. D'altronde si sa, lo dice anche il proverbio: il primo trek non si scorda mai. Punto sui luoghi che conosco meglio, anche perché non voglio passare il tempo a scrutare la cartina. Lasciamo l'auto a Camaldoli e saliamo verso rifugio Cotozzo, per poi proseguire per Poggio Tre Confini. La salita è lunga, ma non troppo impegnativa. Una cavalcata di 5 km che ci porta dagli 800 ai quasi 1400 metri slm del poggio. La strada scompare, fagocitata dalla nebbia. Il paesaggio è meraviglioso: prima castagni, poi faggi e poi abeti; quasi ovunque è un tappeto di foglie morte e muschio. I colori dell'autunno formano un patchwork donatoci da madre natura: giallo, rosso, arancio, grigio, verde, marrone. Manca il blu del cielo limpido, perché oggi il tempo minaccia piogga e sulle nostre teste c'è una cappa grigia. Come se non bastasse una nebbia non troppo fitta ammanta il paesaggio. Sul sentiero che porta alla Scossa incrociamo altri tre viandanti e le loro sagome in lontananza, offuscate dalla nebbia, li fanno sembrare fantasmi grigi. Nei pochi scorci concessi dalla foschia, mai come oggi, rubando le parole a Donato Carrisi, le montagne sembrano giganti addormentati spalla a spalla. In questo paesaggio ovattato, compare quasi improvvisa, come una nave fantasma in mezzo a un mare di rami e foglie, la sagoma indistinta dell'eremo di Camaldoli; per lunghi minuti di cammino riusciamo a vedere solo pochi metri di muro di cinta davanti a noi. Davanti all'ingresso la nebbia è così fitta che non si riesce nemmeno a vedere il campanile della chiesa. Siamo giunti qui proprio durante la pausa pranzo e ce lo lasciamo alle spalle con il rammarico di non averlo potuto far visitare a Riccardo, che in questi luoghi non c'è mai stato. Diventerà una scusa per tornarci, magari insieme alle rispettive consorti. Chiudiamo l'anello tornando al rifugio Cotozzo e ci prendiamo una meritata sosta per un panino. Abbiamo camminato per 11 km in circa 4 ore e mezzo. Il tempo è volato e la fatica non si è sentita. Riccardo è davvero un buon compagno di scarpinata; cammina senza lamentarsi della fatica e chiacchiera amabilmente. Il tempo di tornare all'auto e visitare la farmacia del monastero camaldolese e riprendiamo la strada di casa. E' stata proprio una bella giornata e Riccardo una gradita sorpresa.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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