All'inizio della mia seconda settimana di ferie ho finalmente la possibilità di piazzare il mio tradizionale trekking calabrese. La prima settimana è stata caratterizzata da tempo incerto e impegni familiari, ma ora tutto è pronto e non mi farò sfuggire l'opportunità. Metto la sveglia e alle 6 del mattino la mia auto è già in direzione Sila. Il tempo è buono, rade nubi solcano il cielo e la temperatura è ottimale. Quest'anno punto sul secondo Centro Visite del Parco, memore della precedente esperienza positiva. Ho tentato di trovare percorsi alternativi contattando anche un rifugio specializzato, ma pare non sia così semplice fare trekking in Calabria. Sono abituato a comprarmi una carta e a viaggiare da solo, ma qui pare che le cose funzionino in modo diverso: carte non ne ho trovate, quindi o sfrutti la sentieristica dei centri visita oppure ti devi appoggiare alle guide a pagamento. Sarei anche disposto a pagare, il problema principale è che non escono per un escursionista singolo e non mi è comodo aggregarmi ai gruppi organizzati. Costretto al trekking fai-da-te decido di appoggiarmi al Centro Visite Cupone, nella Sila alta. Il centro è all'altezza del suo gemello ed anche qui trovo un solerte impiegato che mi spiega con cortesia e dettagli quali percorsi potrei fare. Sembra che siano tutti spaventati dalle distanze e dalla fatica: "questo sarebbe bello, però è lungo 18 km...questo è molto ripido....qui dovresti guadare un piccolo fiume". Ringrazio per la premura, ma spiego che questi elementi non mi spaventano. Come faccio a fargli capire che è proprio ciò che cerco? Punto su una salita che in 6 km mi porterà ad un punto panoramico posto a circa 350 metri sopra il punto di partenza. La strada è larghissima, si tratta di una forestale percorsa certamente da mezzi autorizzati, e si stende comoda in una pineta lussureggiante. Ammiro delle incisioni sugli alberi che sembrano praticate dai pellerossa e che danno ai tronchi l'idea fascinosa di un totem. Scopro che si tratta di qualcosa di meno animista, è semplicemente una traccia storica dello sfruttamento irriverente del territorio, sono infatti le scanalature praticate per il prelievo della resina. La salita è lunga ma leggerissima e sento solo il rumore delle fronde, il cinguettio degli uccelli e lo scrosciare di uno dei rivi che alimenta il Lago Cecita. Improvvisamente odo un suono diverso: sono muggiti e campanacci, ed in breve mi trovo a passare in mezzo a una mandria di mucche e vitelli. Nonostante la mole mi temono e, sempre nonostante la mole, si arrampicano off-road con sorprendente agilità. Giungo al punto belvedere a quota 1485 slm ed ammiro il panorama sottostante: nella piana a 1000 metri di quota si stende il lago alla minima portata idrica. Scopre aree certamente invase durante la stagione fredda e isolotti emersi. Non ha il fascino di un lago alpino, ma è comunque un belvedere Torno sui miei passi e all'incrocio con il sentiero 6 (io mi trovo sul 2), sosto indeciso: potrei allungare o rientrare imboccando a breve il sentiero 1 che porta alle aree recintate. Temo di fare troppo tardi, il cielo si è annuvolato ed i piedi soffrono dentro questi scarponi che hanno ormai fatto la loro storia (a casa troverò delle vesciche). Scelgo la strada breve e inizialmente Madre Natura mi fa il dono di un bell'incontro, un simpaticissimo scoiattolo che si arrampica su un tronco; giunto a metà salita sosta su un ramo per controllare le mie intenzioni e per un po' ci guardiamo negli occhi: circospetto lui, divertito io. Arrivo alle recinzioni e termina la magia di una giornata intera trascorsa in ascetico silenzio: qui è un vociare di famigliole con prole. I bambini gridano come pazzi nel vedere cervi e daini che stancamente stazionano nei recinti. Guardo negli occhi un cervo e sembra che le nostre menti entrino in sintonia: "Lo so, vecchio mio, che ci vuoi fare. Abbi pazienza, fra un po' ti riporteranno nel bosco dove potrai muoverti libero nel regno del silenzio. Nel frattempo goditi questa vacanza fatta di cibo assicurato e assenza di predatori." A proposito di predatori, c'è anche la recinzione dei lupi, ma non si fanno vedere ed io saluto la foresta vuota, completamente solidale. So che non dovrei avere questi sentimenti, ma è più forte di me: non riesco ad avere rispetto per queste genti che vagano abbigliate come se camminassero sul corso. Vedo improbabili calzature, borsette da passeggio, pantaloncini ascellari e padri che sbuffano spingendo i passeggini. Mannaggia alla Maiella, ma come puoi pensare di portare un passeggino in un sentiero nel bosco? O hai un passeggino 4wd o sei un cretino. Ma ciò che maggiormente mi indispone è il comportamento scomposto e irriverente. Mi guardano nel mio abbigliamento tecnico come fossi un extraterrestre ed io ricambio con il mio ghigno da orso asociale. Non riesco a rispettarli perché a loro volta mancano di rispetto e profanano il mio tempio. Sì, sono un orso asociale, mannaggia alla Maiella!
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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