Oggi doveva essere un bel giorno di festa, con tanto di pic-nic in compagnia di parenti ed amici, ma questa strana primavera "novembrina" ha rotto le uova nel nostro paniere ed in quello di tanti altri italiani e così la programmata scampagnata di Pasquetta è rimasta in canna, come un proiettile non sparato. Come si dice in questi casi, sarà per un'altra volta. Quando si dice così, la fatidica "altra volta" non arriva quasi mai. Saltata l'allegra scampagnata in comitiva, ripiego su un trek in buona compagnia: la mia di me medesimo. E' da tempo che ho nel mirino il Sentiero della Libertà e oggi mi sembra la giornata giusta per affrontarlo. Voglio andare a San Paolo anche per testare il breve sentiero che raggiunge l'alpe dal versante opposto, arrivando in auto dalla sterrata di Corniolo. Ma soprattutto spero di vedere i cervi. Vorrei tanto incontrarne e, conscio del fatto che il maltempo probabilmente terrà lontano altri viandanti, spero di arrivare in solitaria a San Paolo e, appostandomi, avere la fortuna di vederne qualcuno da immortalare con la Nikon. La nebbia che dirada sembra il fumo di un incendio. Inizio la salita nella nebbia; qualcuno mi ha detto che questo percorso è sconsigliato in estate e ne comprendo subito la ragione: è una strada forestale rocciosa, tutta allo scoperto. Procedo nella nebbia in un paesaggio che sembra lunare e per molto tempo non vedo altro che pochi metri di sentiero, attraversato a intervalli regolari dai canali di scolo per il drenaggio idrico. La nebbia avvolge monti e valli facendo scomparire la natura che mi circonda. Il sole ingaggia un duello con le nuvole e, quando riesce di tanto in tanto a vincerlo, intravedo le cime dei monti che paiono sospesi in aria, come sul pianeta Pandora. La nebbia che sale da fondo valle sembra il fumo di un incendio e nasconde il paesaggio sottostante. Con il bel tempo credo potrei ammirare scorci suggestivi, ma questo tempo infausto stimola la mia mente e penso agli scarponi militari che 60 anni fa hanno calcato lo stesso sentiero dando vita a una cruenta battaglia. Vinto dalla fantasia vedo nella nebbia forme di ogni tipo: mucche, cavalli, partigiani, soldati tedeschi, tigri del Bengala, giocolieri, nani e ballerine. Quando vedo un grosso cane nero solitario davanti a me non mi spavento, perché ormai la mia mente si è abituata alle evocazioni suggestive causate dal manto nebbioso. Passa un attimo e capisco che non è una proiezione della mente ma un cane vero; dopo un primo istante di cristallino terrore, mi accorgo che è un buontempone e che, a pochi metri, c'è anche la sua padrona, altra trekker solitaria. Il tempo di scambiare due parole, la supero e proseguo verso la mia meta. La prima veduta dal sentiero. La strada sale sempre di più e mi metto in modalità 2LD (2 legs drive) la mia personale versione del 4WD: ordino ai mie quadricipiti di stantuffare inesorabili e salgo senza sosta, accettando la sfida in salita che mi propone il sentiero. Non sarebbe tanto dura se non fosse per l'agnello che ho mangiato il giorno precedente e che ora sta riprendendo vita saltellandomi nello stomaco. La fatica è ripagata dal panorama. Non sono ancora le 10 del mattino ed il sole ha vinto il braccio di ferro con le nuvole; il tempo volge al bello e finalmente riesco a vedere il panorama che mi circonda. In men che non si dica scorgo in lontananza la macchia verde dell'alpeggio, circondata da cime ancora leggermente imbiancate: la versione romagnola della casa del nonno di Heidi. Il branco spaventato dalla mia presenza. Giungo all'alpeggio in punta di piedi e inizio a valutare quale può essere la postazione migliore dove nascondermi per aspettare l'arrivo dei cervi. Mentre valuto il da farsi scorgo tra gli alberi degli strani cespugli. Strizzo gli occhi e, guardando meglio, mi accorgo che non si tratta né di cespugli né di pietre: davanti a me, a circa cinquanta metri, c'è un branco di daini accovacciati sul terreno, forse ancora assopiti. La mia presenza è immediatamente segnalata dalle sentinelle e tutto il branco di alza in piedi, pronto alla fuga. Quando si accorgono che non costituisco un pericolo, iniziano a pascolare senza smettere di vigilare i miei movimenti. Getto a terra zaino e bastoncini e tento di avvicinarmi il più possibile, armato solo della Nikon. Scorgo due maschi e inizio a scattare, cercando di girare intorno al branco. Inizia una strana danza fra me e questi animali meravigliosi, dotati di grazia e potenza; si muovono in sintonia mantenendomi a distanza di sicurezza. Tutto ciò che ha lasciato il lupo. Dopo poco scopro una delle ragioni della loro diffidenza, quando trovo sul terreno un arto di daino mozzato e sgranocchiato da un lupo. Fotografo anche questa macabra testimonianza di vita selvaggia. Stanchi della mia presenza e probabilmente spaventati dall'arrivo di un altro trekker solitario, abbandonano l'alpeggio e scendono verso fondo valle. A questo punto proseguo verso il secondo obiettivo di giornata, il sentiero che si addentra nella faggeta alle spalle di Monte Grosso. Lungo la via incontro una allegra comitiva di adulti e bambini, con tanto di labrador al seguito e li avviso che, se smettono di fare rumore, potrebbero vedere anche loro dei daini a San Paolo. A questo punto i bambini si lanciano sul sentiero gridando a squarciagola: "I dainiiii!" Non li vedranno mai. Per fortuna sono arrivato sul posto prima di questa vociante combriccola. La scelta di venire al mattino presto è stata ottima e, anche se non ho visto nessun cervo, l'incontro con i daini ha ripagato abbondantemente questo lungo trek in solitaria. Dopo una breve sosta riprendo la strada verso l'auto, ritornando sui miei passi. Il capo branco si concede al fotografo disturbatore. Ormai la nebbia del mattino è solo un ricordo ed il sentiero sul crinale mi regala viste meravigliose sulle opposte valli del Bidente, versante Ridracoli e versante Corniolo. Giunto al diroccato Podere di Poggio Collina, sul cui pascolo hanno imperversato i cinghiali, ho la possibilità di ammirare uno scorcio dell'omonima diga, traboccante di acqua. Una vista meravigliosa. Questo sentiero, che per una breve ma pregnante stagione è stato testimone di fatti efferati, oggi è un luogo di pace, un posto ideale per riconciliarsi con il creato. Solitamente sulle cime di questi monti si trovano croci, qui qualcuno invece ha piantato una bandiera tricolore. E' vecchia e logora, strappata dal vento che la sferza impietoso, immagine allegorica dell'attuale situazione del nostro Paese. Prima che mi vinca la tristezza mi accorgo che, anche se il rosso non c'è più e di bianco ne è rimasto ben poco, un brandello di verde rimane stoicamente aggrappato all'asta, come le mani speranzose di un naufrago che non vuole rinunciare a lottare. Come l'Italia.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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