No, non ci sono refusi nel titolo. Soltanto un sapido calembour con il nome di una località incontrata sul sentiero. Qualche passo indietro. Oggi è uno di quei giorni nei quali, come se fossi un computer, ho bisogno di resettare tutto e formattare il disco. Ultimamente troppe cose mi hanno messo fuori fase ed ho bisogno dei miei monti, della solitudine e di un luogo dell'anima dove ritrovare l'equilibrio perso. Accompagno la famiglia in stazione perché iniziano le loro ferie; io dovrò aspettare ancora una settimana e così ne approfitto per risalire in auto e puntare in direzione Badia Prataglia. Uno dei miei luoghi dell'anima è la Foresta della Lama e ogni tanto ci devo tornare. La giornata è perfetta per un pellegrinaggio laico. Temperatura primaverile, cielo sereno, nessun impegno in vista. Nessuna scadenza, nessun capo psicopatico, nessun pagamento impellente, nessuno che ti dice cosa fare sapendo in anticipo che qualsiasi cosa farai sarà quella sbagliata. Così, a prescindere, solo per il gusto della polemica. Oggi sono solo io, i miei amici scarponi e un sentiero tutto da tracciare in assoluta libertà, sapendo che qualsiasi decisione prenderò sarà una decisione giusta. Ho in mente un percorso e nel cuore un dubbio: riuscirò a portarlo a termine? Nulla di straordinario, però ultimamente mi sono un po' impigrito a causa delle temperature africane e mi sento fuori forma. Decido di partire e ascoltare il mio corpo, vedere come risponde alle sollecitazioni, stabilendo cammin facendo se e come proseguire. Parcheggio al rifugio Fangacci e mi incammino verso una tappa obbligatoria, un must di queste foreste, ovvero il punto panoramico di Monte Penna. La giornata serena mi regala l'ennesima bella vista. E' una falsa partenza. Torno sui miei passi ed imbocco il sentiero sul crinale che conduce alla cima Coppi di oggi, quel Poggio allo Spillo over 1400 che nemmeno ti accorgi di raggiungere, smarrito fra gli alberi e privo di segnalazione. La faggeta è maestosa. Sono circondato da alberi, un mare di alberi. Se fossero alberi di navi mi troverei imbarcato con l'esercito di Agamennone alla volta di Troia, se fossero soldati camminerei al fianco di Serse in marcia verso le Termopili, se fossero sarisse sarebbero impugnate dagli opliti di Alessandro alla conquista dell'Asia e della gloria eterna, se fossero mattoni starei camminando sulla Grande Muraglia, se fossero statue starei ammirando l'esercito di terracotta. Giungo alla Crocina e mi accorgo, con un po' di malinconia, che la vecchia croce è stata sostituita da una nuova. Ci si può affezionare a una vecchia crocina di legno? Pare di sì e mi dispiace vederla declassata e posizionata in disparte. Al Passo della Bertesca incontro le prime anime di giornata, due spericolati amanti di downhill. Il loro approccio alla foresta sacra è diametralmente opposto al mio: loro scelgono di profanarla tagliandola in due a 60/70 chilometri orari in una nuvola di fumo e adrenalina, io invece mi avvicino alla regina del Parco in punta di piedi. Quando sento il primo scrosciare delle acque chete del Fosso dei Forconali mi sembra che la foresta mi dia il suo benvenuto. Intorno a me c'è solo il silenzio rotto dalle acque e dal cinguettio degli uccelli. C'è solo il pulsare ritmico del mio cuore e l'ansimare quasi sensuale del mio fiato rotto dalla fatica. Giunto alla foresta visito doverosamente altri due luoghi dell'anima: il rifugio Tigliè e la vicina chiesetta. Due perle preziose. Il rifugio sembra la dependance della dimora dei sette nani e la chiesa si erge come un tempio in mezzo al prato. Guarda le montagne che la sovrastano con aria di sfida, come l'ultima bandiera rimasta a sventolare su una trincea sconfitta. Se dovessi scegliere un luogo dove costruire una chiesa, non saprei sceglierne uno migliore. Evidentemente ci sono altre persone che la pensano come me e qualcuno ha affisso sul portale della piccola chiesetta una poesia che merita di essere citata. Natura ed affanni, emozioni e bisogni Ci sono luoghi magici dove la natura filtra in noi come la luce del cielo fra gli alberi, dove i nostri affanni si distaccano con leggerezza come foglie autunnali dalle piante, poi svaniscono nell'equilibrio delle sue forme imprevedibili, nell'armonia dei suoi colori, nell'ebrezza dei suoi odori e nella saggezza dei suoi silenzi: ci assale un tripudio di emozioni ed emerge un richiamo primordiale, quello arcaico dei bisogni essenziali. Lasciata la Lama devo decidere se salire per il Fosso degli Scalandrini o per quello degli Acuti. La seconda opzione mi alletta maggiormente: non ho mai percorso questa via in salita ed evitare le rampe degli Scalandrini mi pare una buona idea perché voglio allungare, considerato anche il fatto che sto molto bene, contrariamente alle previsioni. Il trek costeggia un altro luogo di grande fascino, la foresta "proibita" di Sasso Fratino, riserva naturale integrale di grande pregio naturalistico; non a caso agli Acuti trovo un mezzo della forestale del Centro Nazionale Studio e Conservazione Biodiversità Forestale di Verona. Vengono anche da lontano per studiare questa gemma naturalistica. La salita che mi porterà al Gioghetto è senza pietà: 5 chilometri di salita costante per un dislivello complessivo di oltre 500 metri, percorsi in 90 minuti esatti. La fatica non mi spaventa, la fatica oggi è mia amica e mia alleata; mi serve per ritrovare quell'equilibrio a cui facevo riferimento ad inizio post. Come in un odierno Jekill e Hyde convivono in me due anime: una corporale e l'altra spirituale. Nel caos quotidiano quella corporale ha quasi sempre la meglio sulla seconda, permettendo alla pigrizia e all'indolenza di vincere. Oggi non sono disposto a cedere un metro al mio corpo e questa salita è la vittoria trionfale dello spirito sulla materia: impongo al mio corpo di camminare oltre l'attesa e tacito la pigrizia dominando il corpo con la mente. In questo modo la salita diviene facile e la fatica piacevole. Non si tratta di una impresa in senso assoluto, ma per me è un trionfo. Giunto al Gioghetto la magia svanisce: lo 00 è un sentiero di tutti, facile facile e in questo tratto privo di fascino. A Prato Penna scelgo codardamente la strada di rientro più facile ed abbandono il bosco per percorrere la provinciale che taglia la foresta. Sono convinto che non passerà nessuno e invece vengo disturbato da tre auto e due moto. Ma ormai la giornata è finita, la seduta terapeutica ha già sortito gli effetti desiderati, quando sono sceso verso la Lama e risalito poi da essa, come in un percorso di morte e rinascita. Clicca qui per vedere il filmato dalla cima del Monte Penna
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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