Prato al Soglio. Sullo sfondo un cielo terso.
Finalmente riesco a fare un trekking coi fiocchi, anzi "il" trekking, un percorso classico delle foreste casentinesi che taglia il parco lungo il crinale che divide Romagna e Toscana. Questa estate fra vacanze al mare e impegni vari sono riuscito a dedicare davvero poco alla mia grande passione e oggi mi sono preso un giorno tutto per me per questa traversata che desideravo fare da tempo. Il sentiero è noto anche come "la Giogana" perché i boscaioli aggiogavano i buoi ed usavano la loro forza trainante per portare i tronchi abbattuti fino alle vie di comunicazione. Metto la sveglia alle 6 (solo la mia passione…) e parto per l'eremo di Camaldoli; parcheggio, infilo gli scarponi e inizio il sentiero. Appena completo il viale che passa alle spalle dell'eremo, all'imbocco della salita che mi porterà sul sentiero della Giogana, sento i rintocchi della campana: è la messa delle otto del mattino. L'aria è fresca e sul crinale, come sempre, soffia un bel venticello. Se ci fosse mia moglie si metterebbe una felpa, nonostante sia il 31 di agosto. Poco dopo sento un rumore nel bosco, versante ovest, quello toscano: mi volto e vedo correre fra gli alberi tre daini, probabilmente spaventati dai miei passi. Poggio Scali controluce. Divoro la strada, sono in forma e sono euforico. Prato al Soglio, La Scossa, Passo Porcareccio, supero di slancio questi punti dai buffi nomi e, quasi senza accorgermene, vedo il cartello che mi annuncia lo strappo di Poggio Scali. Sono venuto altre volte fin quassù, ma ogni volta è un'emozione. Mentre scatto foto dalla cima, vedo salire due bikers a spinta: "Così non è valido ragazzi!" Se la ridono. Scambiamo due parole, ci illustriamo vicendevolmente l'itinerario di giornata e ci lasciamo prendendo direzioni opposte. Scendo al passo della Calla e guardo l'orologio: sono le 10,45. Ci ho messo due ore e 50 minuti per fare un tratto che le guide stimano fra le 3 ore e mezzo e le quattro ore. Ho tanta voglia di camminare. Mi fermo per uno spuntino e chiamo mia moglie: mi dispiace essere qui senza di lei, le gioie più belle sono incomplete se non sono condivise con chi ami. Poggio Scali. Alle mie spalle i prati della Burraia. Riprendo la strada del ritorno e mi fermo solo per qualche foto, per scambiare due parole con altri viandanti e per medicare un piccolo taglio. Riesco a ripetere la "prestazione" dell'andata, ma decido di allungare ulteriormente per tornare all'eremo, passando per un sentiero che non ho mai fatto prima. Non lo trovo subito e prendo per errore la salita che porta al rifugio Fangacci, come se oggi non avessi fatto abbastanza strada. Sono veramente stanco e credo che se dovessi veramente risalire fino al rifugio, non ce la farei. Torno sui miei passi e finalmente imbocco il sentiero giusto. Meno male. perché incomincio a sentire le prime avvisaglie di crampi. Belvedere sulla Romagna dal crinale della Giogana. Arrivo nel parcheggio dell'eremo e trovo parecchi turisti. Vedendoli passeggiare nel piazzale non posso non domandarmi: come si può venire fin quassù senza addentrarsi in questa foresta fiabesca? Probabilmente vedendomi sbucare dal bosco, sudato e spossato, stanno pensando: "Ma chi glielo fa fare a questo matto di girare tutto solo in mezzo ai boschi?" Questione di gusti. Sulla via del ritorno guido l'auto con un sorriso ebete sul viso: è stata una giornata strepitosa. Questa sera e domani mi faranno male i muscoli delle gambe, ma ne è valsa la pena.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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