Finalmente è arrivato questo tanto agognato sabato 22 marzo. Ho messo in calendario questo trekking da così tanto tempo che ho trovato più difficile rodermi nell'attesa che percorrere i 19 km di giornata. Proprio così, il percorso non è lungo i 18 km calcolati artigianalmente dal sottoscritto, ma ben 19,3 così come attesta con precisione il navigatore GPS di Gianluca, un nuovo amico che per la prima volta si è unito al gruppo. Per tutta la settimana c'è stato un tempo primaverile meraviglioso che mi ha permesso di fare gradevoli camminate al parco in maniche corte fra margherite e uccellini che cinguettano felici. Questa mattina invece la proverbiale e immancabile nuvola fantozziana torna di scena: le previsioni danno pioggia leggera ma costante e partiamo da casa muniti di k-way e amuleti contro la jella. Al meeting point a Bagno di Romagna il cielo è coperto ma il morale alto: è un piacere riabbracciare Marco e Iulia, oltre che trovare Enzo e Concetta. I primi si sono alzati nel cuore della notte per essere qui alle 8,30 invece i secondi hanno viaggiato da Roma e trascorso la notte in albergo a Bagno. La passione abbatte quasi tutti gli ostacoli. Manca all'appello un amico di Andi, ma il furbacchione non ha neppure il suo numero e non sappiamo come contattarlo. Come si dice in questi casi: sarà per la prossima volta, se vorrà venire ancora con noi visto il modo vigliacco nel quale lo abbiamo abbandonato…. Giunti a Camaldoli l'euforia è tanta: siamo rimasti bloccati per quasi tutto l'inverno a causa del maltempo ed ora sembriamo i cavalli del Palio davanti al canapo. La più entusiasta di tutte però è Blondie, che corre avanti e indietro senza sosta: a fine giornata avrà percorso almeno il doppio della nostra strada. L'ascesa verso il rifugio Cotozzo è sempre un po' difficile perché i muscoli sono ancora freddi e la pendenza è discreta; qualcuno fa un po' più fatica di altri ma in poco tempo arriviamo al rifugio e il gruppo si ricompatta. La sosta ritempra fisico e spirito e, dopo la rituale foto di gruppo scattata da altri trekker incontrati sul posto, si decide unanimemente di non separarci: avevo pensato che forse qualcuno meno allenato avrebbe potuto preferire raggiungere l'eremo lungo la pista piana che taglia il bosco, invece nessuno accetta l'opzione light e ripartiamo uniti verso la cima Coppi odierna, ovvero Poggio Tre Confini a 1397. La pista sale ripida e giunti al Cotozzino indico approssimativamente il punto in cui un paio di settimane fa sono stato sconfitto dalla neve. La mia descrizione oggi risulterebbe inattendibile se non fosse sostenuta da prove fotografiche, infatti con grande sollievo troviamo il bosco completamente pulito dal manto nevoso che rendeva impossibile il cammino sino a pochi giorni fa. L'abetaia diventa faggeta e il bosco cambia aspetto: non abbiamo più versanti a nostra copertura perché siamo su un poggio e i colori passano dal marrone-verde degli abeti al bianco-arancio fra la corteccia chiara dei faggi e il tappeto di foglie che pavimenta tutto il sottobosco. Le foglie sono così tante che coprono il sentiero battuto e in un'occasione perdo anche i segnavia posti sugli alberi. Giunti sulla cima troviamo qualche sparuta chiazza di neve ed anche qui torna alla mia mente un'immagine fantozziana: la discesa dal treno alla stazione di Ortisei alla ricerca di neve in pieno giugno. Prendiamo la discesa che ci porta al crocevia con il sentiero che conduce da Fangacci a Prato Penna e, quasi arrivati, Blondie si mette ad abbaiare: cosa avrà visto o sentito? Vorrei avere i sensi vigili di un cane e cerco nel bosco quello che i miei occhi non riescono a vedere. Falso allarme. Riprendiamo la strada e a Parto Penna troviamo solo neve e freddo. I miei compagni di viaggio tirano fuori papaline e guanti e imbocchiamo il sentiero 00 fino al Gioghetto. Fino a qui le cose sono andate piuttosto bene, niente neve sulla pista e niente acqua da un cielo che non promette nulla di buono. Purtroppo la nebbia si alza nel momento meno opportuno: visto che non abbiamo potuto avere una bella giornata di sole, anche se il calendario dice che ieri è iniziata ufficialmente la primavera, speravo almeno di giungere all'eremo in un'atmosfera evocativa da "Nome della Rosa", con tanto di coro gregoriano proveniente dall'interno del convento camaldolese. Nulla di tutto questo, il cielo si pulisce spalancando alla nostra vista la sagoma dell'eremo e i monaci sono in refettorio intenti a nutrire il corpo più dello spirito. Dopo qualche foto e una bevuta alla fonte, emuliamo l'esempio dei monaci e ci fermiamo al tavolo di Fonte Prato al Fiume per la nostra pausa pranzo. A questo punto ripartiamo per la seconda parte del nostro sentiero passando dal clima medievaleggiante che ha pervaso il tratto attorno all'eremo, per un salto temporale nella storia. Il sentiero 74 ci porta in ripida salita fino all'antica Via dei Legni a Croce Gaggi e da qui rientriamo nella foresta sul versante toscano lungo il Sentiero dei Tedeschi, la strada forestale che i militari nazisti aprirono nel bosco per favorire il passaggio di truppe e mezzi a due ruote durante il periodo nel quale tentarono di fermare l'avanzata inglese stabilendo le postazioni della Linea Kesselring. Noi percorriamo il sentiero a valle, mentre su quello a monte si trovano le postazioni di mortaio da cui i tedeschi allestivano il loro comitato di benvenuto per le truppe alleate che tentavano di sfondare dalla piana di Moggiona. A una deviazione vado "a naso" e sbaglio il sentiero. Dopo pochi metri vedo un casotto per il birdwatching che non avevo mai visto prima e capisco che sono fuori strada. Ritorno al bivio e leggo meglio i cartelli, che in effetti indicano con chiarezza il sentiero 94. Intasco gli sfottò degli insubordinati che mi porto appresso e riprendiamo la strada giusta. Comune denominatore del giorno sono i tronchi abbattuti nella foresta e sul sentiero: un numero impressionante. Trascorriamo buona parte del tempo a scavalcarli, ad aggirarli o a passargli sotto, come improbabili danzatori di limbo. Lungo il Sentiero dei Tedeschi Blondie ci regala l'emozione di vedere una cucciolata di cinghiali nella boscaglia, a valle del sentiero. I cuccioli fuggono terrorizzati nonostante le sue intenzioni siano goliardiche e nonostante le nostre disperate grida di richiamo: dove ci sono i cuccioli c'è anche la madre e l'unica esperienza che non vuoi fare in un bosco è incontrare una femmina di cinghiale inferocita perché sente minacciati i suoi cuccioli. Proseguiamo un po' guardinghi domandandoci dove sarà la madre dei piccoli ed è ancora Blondie a soddisfare la nostra curiosità: parte nuovamente di corsa, questa volta lungo il sentiero che stiamo percorrendo e, dopo poco, vediamo la cinghialessa tuffarsi nella boscaglia. E' proprio grossa e per fortuna Blondie non l'ha spinta verso il nostro gruppo, altrimenti la bella giornata potrebbe avere avuto un triste epilogo. Quando abbandoniamo il sentiero della linea gotica anche la fortuna ci abbandona e le nuvole cupi che ci hanno minacciato tutto il giorno mantengono la loro fosca promessa: l'ultima mezz'ora di percorso su strada asfaltata è caratterizzata da una leggera pioggia, sufficiente per farci arrivare bagnati alle auto. Ma oggi ci sta pure l'acqua, non potevamo chiedere di più ad una giornata tanto bella: sette ore di camminata in bella compagnia in mezzo alla foresta, fra tracce lasciate dall'uomo in questi boschi dal medio evo ai giorni nostri, fra monaci e soldati, fra abeti e faggi, fra cani e cinghiali....tra foglie e nuvole.
2 Commenti
Sandro
25/3/2014 02:46:18 am
é sempre bello leggere i tuoi racconti e ripercorrere la giornata seduti al computer!
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Max
25/3/2014 04:41:52 pm
Io sto già preparando una proposta per aprile. Sei pronto?
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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