Eccoci qua. E' un nuovo anno e spero che sia un altro anno di escursioni e camminate in montagna. Quale miglior rito propiziatorio se non quello di fare un bel trek il primo giorno di questo nuovo 2014? L'opportunità mi viene offerta da una telefonata di Paolo, inattesa quanto gradita: "Domani sono con un amico a Molino di Culmolle, breve giretto esplorativo nel pomeriggio, cena in agriturismo e poi per il primo dell'anno abbiamo in programma di partire dalla chiesa di Pietrapazza per entrare nella foresta della Lama alla ricerca dell'antico Molino di Carpanone." Accetto di buon grado l'invito e alle 9 raggiungo il luogo scelto per l'appuntamento, ovvero la chiesetta di Poggio alla Lastra. Mentre aspetto i compagni di giornata ammiro sei daini che brucano tranquilli in un campo a pochi metri dal piccolo centro abitato. Dopo pochi minuti arriva Paolo insieme all'amico Livio, che ho il piacere di incontrare per la prima volta. Livio è un veterano e un gran camminatore e insieme formiamo un trio ben assortito di amanti della montagna in grado di macinare chilometri senza tanti problemi Mentre affrontiamo la salita che porta a Siepe dell'Orso e ammiriamo il panorama su Pietrapazza, Paolo mi spiega come ha trovato, un paio di anni orsono, i ruderi del Molino di Carpanone. Si trovava in zona e, avendo trovato l'indicazione del mulino sulla carta, spinto dal suo innato desiderio di esplorazione, si era inoltrato nel fitto della foresta sulle tracce di un antico sentiero poco battuto ed appena intuibile in mezzo alla fitta vegetazione. Io e Livio accettiamo di buon grado la sua "sfida" a ritrovare questi ruderi. Giunti a Siepe dell'Orso valutiamo tempi e distanze e, invece di imboccare il sentiero di destra che ci porterebbe a Podere Romiceto, scegliamo la strada opposta e prendiamo la forestale che attraversa la Foresta della Lama. Questa scelta felice ci permetterà di fare la parte conclusiva dell'anello sfruttando al massimo la luce diurna, prima che il sole cali dietro le cime della Giogana. Inoltre questo ci offre anche l'opportunità di ammirare il Podere dal versante opposto, scorgendo altri due daini che brucano nel pascolo che digrada dal casale fino a fondo valle dove scorre l'omonimo Fosso di Romiceto. Quando ho lasciato l'auto il termometro segnava zero gradi ma lungo la salita, quasi tutta aperta ed esposta, il termometro deve essere salito di tre o quattro gradi e la mia bandana ora è madida di sudore. Mentre perdiamo quota e ci addestriamo nella foresta lungo la comoda forestale, l'assenza di sole fa calare nuovamente la temperatura e Livio mi segnala presenza di ghiaccio sulla mia testa: mi si sta congelando la capoccia! In prossimità del km 17, all'altezza della curva di Croce Fabbri, Paolo riconosce l'imbocco del piccolo sentiero che porta al Molino e così abbandoniamo la strada forestale che, per la sua comodità, incominciava ad annoiarmi. Certo, non è proprio come camminare sul Corso, ma non vengo certo in montagna per percorrere ampie strade fatte per le auto, quindi entro di buon grado nel cuore della foresta. Qui mi sembra di essere in un altro mondo, la strada verso il fosso ci permette di entrare nel fitto di una vegetazione ricca e lussureggiante, alimentata dal piccolo fiume che scorre a fondo valle. Guadagno qualche metro sui miei compagni di viaggio e, mentre li attendo, mi appoggio a un faggio per guardare il sole che filtra fra i rami e brilla sulle acque che scorrono placide pochi metri sotto di me. I raggi paiono lame di luce che tagliano il bosco e le gocce piccole pepite scintillanti. In questo ambiente fiabesco appare quasi improvvisa ai nostri occhi la cascatella che spinse gli antichi abitanti di questi luoghi a costruire un mulino lungo questo tratto di fiume, sfruttando la forza dell'acqua in caduta. Non so nulla di questo luogo e probabilmente, se non fosse stato per la curiosità di Paolo, non ne avrei mai scoperta l'esistenza. Viene spontaneo porsi delle domande alle quali ancora non ho trovato risposta: quando è stato costruito il mulino? Quando è stato abbandonato e perchè? Per quale motivo non c'è neppure una piccola targa che ne indica l'esistenza? Come facevano a portare il grano in una zona tanto impervia e come riuscivano a trasportare il frutto della loro produzione? I miei occhi vedono solo ruderi di un muro a secco coperti di muschio, ma la mia fantasia riesce a vedere persone che lavorano e sudano per mettere a tavola un pezzo di pane, vedo abiti vecchi e lisi, vedo animali da soma caricati fino al limite, vedo un camino acceso, donne coraggiose e bambini che lavorano quanto gli adulti. Quest'acqua e queste pietre mute mi raccontano una storia che il resto del mondo ha dimenticato. Livio ammira la cascata e poi memore del fatto che a un certo punto della giornata stavamo cambiando itinerario, dichiara: "Sarebbe stato un grande errore non venire fino a qui." Concordo con lui. Sulla sua falsariga Paolo dice: "Ne è valsa la pena arrivare sino a qui." Alle sue parole penso che sino ad ora abbiamo percorso circa 8-9 km abbastanza comodi e dichiaro: "Io penso che la pena inizi adesso" Le mie risulteranno essere parole profetiche. Lasciamo alle nostre spalle questo angolo magico della foresta e ci incamminiamo alla ricerca del sentiero che ci riporterà ai quasi mille metri di Podere Romiceto. A questo punto il sentiero si fa poco battuto e non possiamo chiedere a Paolo di rammentare una strada che quasi nessuno percorre. In breve perdiamo la via e incominciamo a risalire il poggio camminando fuori pista con grande fatica. Ci separiamo in cerca di un vecchio tratturo e lo troviamo quasi simultaneamente, Paolo in un punto ed io e Livio in un altro. Aiutati dal GPS ritroviamo posizione e direzione e seguiamo la strada che ci porta al podere. Ci sediamo su un muretto esterno del grande casale e mangiamo qualcosa mentre il sole muore dietro le cime più alte che dividono Romagna e Toscana. La strada del ritorno è quella dell'andata ed a quest'ora del giorno ha perso un po' di fascino e poesia. I miei occhi si sono riempiti a sufficienza di foresta e luoghi della memoria. E' stato bello perdersi nella foresta insieme a questi due marchigianacci. Clicca qui per ammirare tutte le foto di Paolo.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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