È da tempo che desidero tornare sui monti. Colgo l'occasione per interrompere la lunga pausa forzata, a causa degli impegni e di alcuni inevitabili acciacchi dell'età, accettando l'ennesimo invito delle inarrestabili Piadine Randagie. Oggi Gabriele ha preparato un percorso breve in zona Carpegna, per rientrare abbastanza presto a casa. Per uno imbolsito e fuori forma come il sottoscritto si tratta di un perfetto approccio al 2016. Tradizionale meeting da Stravizia e partenza in formazione stile Calboni: 4 uomini su 2 auto. Completiamo il gruppo incontrando Sandro al Passo Cantoniera. Roba da briganti. Alle 8 circa cinque uomini e due cani affrontano il Carpegna e il freddo imbacuccati come befane. Con noi, per elevare le quote rosa dello sciovinista gruppo randagio, ci sono anche due signore pelose: Blondie e Kira. Il tempo di entrare nel bosco e la nostra impavida guida perde il sentiero. Poco male, nessuno se ne preoccupa per due semplici ragioni: per prima cosa, come dice Dalla di Bologna, sul Carpegna non si perde neanche un bambino. Ma soprattutto perché camminare è solo una scusa per stare insieme chiacchierando, e perdersi non toglie nulla al piacere della compagnia. Decidiamo di affrontare gli ultimi tornanti lungo la strada resa nota dalle parole del Pirata stampate sull'asfalto: "Il Carpegna mi basta". Qui è dove lo scalatore di Cesenatico veniva ad allenarsi e noi percorriamo le ultime rampe a piedi dove lui preparava le sue vittorie in bici. Raggiunta la cima percorriamo il crinale che si affaccia sulla valle sottostante. Ai nostri piedi c'è il paese di Carpegna e in lontananza si stagliano le rocce turrite mozze e gemelle di Sasso Simone e Sasso Simoncello. Gabriele ci mostra la deviazione del sentiero che transita su un passo dal nome VM18. In un punto stretto e scosceso, reso più impervio dal fondo ghiacciato, scendo con l'agilità di un 90enne e la prudenza di un corriere con un carico di nitroglicerina. A discesa finita, mentre mi rilasso compiaciuto per avere portato a compimento l'impresa, volo in aria con una sforbiciata degna del peggior Fantozzi, atterrando sul morbido airbag posteriore. Questo e altro per il mio pubblico. Se fossimo in tv comparirebbe in sovraimpressione la scritta "don't try this at home". Sul declivio settentrionale troviamo uno scenario insolito e melanconico: hanno sparato neve artificiale per consentire ai vacanzieri del week-end di sognare le Alpi mentre, vestiti come fossero a Courmayeur, scendono lungo questa lingua bianca srotolata in mezzo all'erba secca. Confesso che questa artificiosa riproduzione mi mette un po' tristezza. Mi sembrano gli americani che vanno in gondola lungo i canali "veneziani" di Las Vegas. Gli Alberto Tomba de noantri hanno inoltre la grave pecca di impedirci una visita all'eremo, che non vedo da tempo immemore. Per raggiungerlo infatti dovremmo circumnavigare la pista di plastica e quindi rinunciamo. Dopo la pausa caffè e la foto di rito riguadagnamo la cima alla ricerca di un rifugio fantasma. È ora di pranzo e sostiamo su un anonimo pratone dove Gianluca tira fuori un coniglio dal cilindro: si tratta del suo ultimo acquisto Amazon, una trangia, ovvero un fornello da campo alimentato semplicemente da alcol. Gianluca vi cuoce una zuppa liofilizzata, resa ancor più invitante a causa del freddo gelido. Quel fumo e quell'odore mettono l'acquolina. Mentre ritroviamo il sentiero che si ricongiunge al tratto percorso ad inizio mattinata, rifletto sul trekking che si sta concludendo. La compagnia è stata ottima, un gruppo davvero ben amalgamato. Ragazzi con i quali è veramente piacevole condividere strada e salite. Però a questi monti, a questi alberi e a questi boschi manca qualcosa. Cosa sia non lo so. Forse sono semplicemente troppo innamorato del "mio" Casentino, ma non riesco a ripetere le parole del Pirata: a me il Carpegna non basta.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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