"Sarebbe bello se..." Quante volte ho pronunciato o ascoltato questa frase? Solitamente è l'imbocco di un vicolo cieco, ma qualche volta l'intenzione prende forma e l'ipotesi diventa realtà. È quello che accade in questo weekend di settembre, mentre l'estate ostinatamente non vuole cedere il passo all'autunno. Con Marco e Giacomo, gli amici di sempre, raggiungiamo il Palazzo di Ridracoli per una serata in compagnia a cenare e chiacchierare. Con noi un altro padre, Roberto. Nella stanza accanto i figli di 10 anni dei miei compagni di viaggio in questa escursione father & son a cavallo tra storia e natura. Solo io sono "orfano" di figlio, ma il mio ha più del doppio degli anni dei ragazzini che sono al nostro seguito ed ha già spiccato il volo. Al mattino cerco di svegliare la truppa il prima possibile, ma è un plotone di lavativi indisciplinati. Mi piacerebbe salire a San Paolo all'alba per tentare la sorte e mostrare ai ragazzi i daini al pascolo, ma non riesco a domare il gruppo. Abbiamo solo la fortuna di ascoltare un cervo bramire nel bosco alle spalle dell'albergo, poi per il resto del giorno sarà quasi sempre silenzio. I più indisciplinati sono proprio Marco e Giacomo. Riescono sempre a farmi sentire il ragionier Filini della situazione, intento ad organizzare minuziosamente un programma che puntualmente nessuno leggerà e rispetterà. Marco tenta di ostentare interesse mentre accenno alle vicende legate a San Paolo nel periodo della seconda Guerra, ma in pochi metri è vinto dalla fatica della salita e perde ogni interesse per la narrazione. Come Cesare vengo pugnalato ripetutamente dalla mano che consideravo amica e Giacomo arriva persino a definirmi "mentitore seriale" perché non stiamo camminando su un pianoro erboso "come avevo promesso" (mai, in realtà). Avevo detto che saremmo saliti per circa 600 metri di dislivello in 6km, ma ho parlato al vento. È molto più divertente non ascoltarmi o fingere di non farlo, per farsi poi beffe della mia maniacale cura del dettaglio e così, come Postiglione in "Compagni di scuola", mi trovo sempre più spesso a parlare agli alberi mentre rispondo a una domanda che mi è stata rivolta. Sulla via del ritorno il gruppo si sgrana perché uno dei ragazzi accusa "crampi al ginocchio" e invece Giacomo si rende conto che potremmo non arrivare per tempo al ristorante. Giammai. In coda restano Marco e Roberto con i figli, in testa Giacomo e suo figlio corrono come leprotti lungo la discesa per Biserno, sognando tagliatelle e carne grigliata. Improvvisamente mi ritrovo a camminare da solo fra i due gruppi, solo come un cervo in mezzo al bosco senza voglia di bramire. I daini non li abbiamo visti, i cervi non li abbiamo sentiti, dei partigiani di San Paolo chi se ne frega. Infine anche il destino cinico e baro ci gioca un tiro mancino: ristorante chiuso per ferie. Strano a dirsì però: quanto ci siamo divertiti!
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Qualcosa deve essere andato decisamente storto. E non mi riferisco tanto al sottoscritto, spiaggiato come una balena morente all'imbocco del sentiero che porta a Cima Palon. Quello è semplicemente uno specchio della realtà: un anziano sovrappeso e fuori forma che ha tentato di fare qualcosa che non avrebbe dovuto. Mi riferisco piuttosto alla promozione di Swappie. Me ne rendo conto: così non si capisce nulla. Provo a spiegarmi meglio. Dopo reiterati tentativi ed altrettanti fallimenti, prevalentemente a causa del maltempo, riusciamo finalmente a raggiungere Bocchetta Campiglia per attaccare la storica Strada delle 52 Gallerie. Partiamo il venerdì sera e, dopo una piacevole cena a base di formaggi, soppressa e gnocchi ai funghi, alle prime luci del mattino parcheggiamo vicino all'ingresso del percorso storico. Da subito è emozione. Per lo scrivente si tratta non solo di un tuffo nel passato, letteralmente consegnato ai posteri a colpi di piccone, ma anche della possibilità di calcare quei sentieri dei quali ho letto sempre con passione e trasporto. Qui si tocca con mano, e si calca con i piedi, tutto il bello di cui è capace questo popolo nel momento più buio, altrimenti abituato ad arraffare furbescamente e vivere senza il concetto di Patria e bene comune. Nel 1917 ad un manipolo di eroi, termine solitamente abusato ma in questo caso doveroso, venne affidata un'opera tanto ardita che merita un encomio anche solo per averla pensata. La strada carrozzabile degli Scarubbi portava, e porta ancora, alla località nota come "Porte del Pasubio". Il problema a quel tempo è che il simpatico comitato di accoglienza austro-ungarico salutava l'arrivo dei mezzi italiani a colpi di artiglieria per impedire che il fronte avversario venisse approvvigionato. A questo punto al Capitano Leopoldo Motti venne un'idea: costruire una strada sul versante opposto, al riparo dal fuoco nemico. Facile a dirsi, impossibile a farsi. Impossibile perché il versante opposto è una parete di roccia verticale adatta a camosci e scalatori, non certo ad un corpo d'armata che necessitava di portare al fronte uomini, mezzi, viveri, munizioni e tutto ciò che serviva per combattere una guerra di trincea determinante. Il Pasubio infatti era l'unico impedimento naturale all'avanzata nemica verso la scoperta pianura veneta. Passato il massiccio gli austro-ungarici avrebbero marciato trionfalmente sino a Venezia, mangiando baccalà alla vicentina e bevendo Bardolino lungo la via. Quegli uomini, ragazzi provenienti dalle colline toscane, dalle osterie romane, dal tavoliere pugliese, dalla costa amalfitana, dai monti della Sila e dai templi di Agrigento, si riunirono su questo sperone di roccia di cui ignoravano l'esistenza per difendere per l'ultima, disperata volta, tutto ciò che avevano lasciato a casa. Non sono forse eroi questi? Mentre cammino sui passi degli eroi e attraverso le gallerie che hanno scavato con caparbietà per combattere una guerra e permettermi di vivere in un paese forse sbagliato ma certamente libero, penso ai nomi di alcuni uomini che sono stati protagonisti di questa impresa. Penso al Capitano Lorenzo Motti che per primo ebbe l'idea geniale di realizzare quest'opera, vi lavorò e mori un paio di mesi prima della conclusione, deceduto nel parziale crollo del Dente italiano causato dai genieri austriaci nel settembre del '17. Penso al Tenente Ing. Giuseppe Zappa, che avviò l'opera e al Capitano Corrado Picone che la portò a compimento. Buffa la sorte: Zappa e Picone, in nomen omen. Penso agli uomini della 33° Compagnia Minatori che realizzarono tutta la strada militare e dei quali nessuno ricorda il nome. Ma non solo: furono così bravi che vennero trasferiti e si trovavano altrove durante la celebrazione del 1918, quando il Re d'Italia ed il Re del Belgio visitarono e celebrarono l'opera di ingegneria militare, ringraziando gli uomini della 25° Compagnia Militare. Per uno strano scherzo del destino si presero gli onori, mentre i veri artefici erano assenti. Ma soprattutto penso a Ugo Cassina, matematico italiano che lavorò al fianco del Tenente Zappa e che all'epoca dei fatti aveva solo 19 anni (Zappa era un "anziano" di 29 anni). Ultimamente quando avvio un video su YouTube e parte l'immancabile spot commerciale, mi ritrovo davanti il viso di un bel giovine, labbra carnose, modi da figlio di Cumenda, abbronzatura giusta, capello cotonato, fondo tinta e sopracciglia ritoccate. Questo esempio di virilità mi spiega perché dovrei cogliere la straordinaria occasione offertami da Swappie, azienda scandinava che vende iPhone ricondizionati. Credo abbia la stessa età di Ugo Cassina al tempo in cui contribuì alla realizzazione della strada che oggi mi consente di perdere tempo su YouTube a guardare mister Swappie. E inevitabilmente penso che qualcosa deve essere andato storto. Come sarebbe andata la guerra se ad estremo baluardo difensivo ci fosse stato questo testimonial dal faccino angelico? Di generazione in generazione siamo passati dagli eroi del Pasubio alla generazione sconfitta della Seconda Guerra, dai sessantottini ai paninari, per poi arrivare a mister Swappie. Una involuzione verticale avvilente. Dove abbiamo sbagliato se cento anni fa potevamo affidare la difesa di una nazione a geniali diciannovenne capaci di realizzare un sogno ardito confidando nei più nobili ideali e invece oggi un diciannovenne medio ha da pochi giorni smesso di mangiarsi le caccole? Cammino sulla roccia del Pasubio, vinto dal rispetto per quello che hanno fatto i nostri avi e penso che sì, effettivamente, qualcosa deve essere andato storto. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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