Una volta ho letto che quello del portiere è uno strano ruolo. Il portiere è un giocatore costretto a rimanere solo anche se pratica un gioco di squadra. La solitudine del portiere è strana, è la solitudine di chi è solo pur trovandosi in mezzo a tanti. A volte è anche la mia solitudine, perché non solo mi è difficile riuscire a coinvolgere qualcuno nella mia passione per il trekking, ma mi è anche difficile riuscire a trasmettere agli altri anche solo il piacere delle mie escursioni. E infatti ancora una volta, mi ritrovo da solo a perdermi nei boschi e scelgo un altro percorso che avevo in agenda da un bel po' di tempo: il sentiero dei tedeschi sulla Linea Gotica, un trek molto amato dai bikers per le sue caratteristiche morfologiche e per le trasformazioni cui lo hanno sottoposto i militari dello Heer nel periodo in cui hanno occupato queste terre nel vano tentativo di arginare l'avanzata Alleata. Parcheggio alla Maestà di Cerreta ed inizio a salire verso il rifugio Asqua. Giunto all'imbocco della linea Gotica mi fermo a leggere la tabella posta ad inizio percorso e penso quanto sarebbe bello portare i miei figli ed i loro amici su questo cammino e, soprattutto, quanto sarebbe bello che ai miei figli ed ai loro amici interessasse un briciolo ciò che hanno da raccontare questi luoghi. Mi sento solo come un portiere. Il percorso è pensato proprio per mantenere viva la memoria e sensibilizzare le nuove generazioni su ciò che è accaduto solo pochi anni fa ai nostri nonni. Come disse il filosofo Santayana "chi non ricorda il passato è destinato a riviverlo" e sembra proprio che sia la mia generazione che quella dei miei figli abbiano scelto di dimenticare quanto accaduto. Saremo costretti a riviverlo? Mi auguro vivamente che così non sia, ma l'apatia e l'indifferenza generale che incontro quando racconto questi miei trekking solitari, dove mischio l'incontro con la natura e con la storia, non mi fanno ben sperare. Le persone più sensibili fingono di ascoltarmi, ma nei loro occhi c'è il vuoto cosmico. Quelle meno sensibili cambiano repentinamente discorso, troncando a metà una mia frase. Tutto questo, a volte, mi fa sentire solo come un portiere. Anzi, a volte mi sembra di essere il Postiglione di "Compagni di scuola"! "Che amarezza...", come direbbe Cesare Cesaroni. Il percorso è ben segnalato e permette di ammirare la capillare distribuzione di postazioni da mortaio che i militari tedeschi avevano allestito su questo versante della montagna, temendo uno sfondamento dal versante di Moggiona. Oggi si tratta solo di enormi buche nel terreno, ma la vista di questi scavi solletica la mia fantasia e scatena in me mille pensieri su quanto è accaduto solo settanta anni fa in queste terre e mi rallegra pensare che ciò che è stato teatro di uno scontro efferato, oggi è un museo a cielo aperto e una pista per pacifici trekkers e bikers. Lascio la linea gotica per imboccare la deviazione che mi porta al rifugio Secchieta, fino a salire a Croce Gaggi. Nonostante le previsioni e le mie speranze il tempo non è mai veramente bello e il sole lotta tutta la mattina con le nuvole, senza riuscire a spuntarla. Si aggiunge a questo strano tempo da falsa partenza primaverile, il respiro costante del vento tra gli alberi, che produce un suono simile allo scroscio di un corso d'acqua. A parte il vento e il cinguettio degli uccelli, non sento altro suono e non incontro anima viva, neppure qualche rappresentante del regno animale. Oibò, sono proprio solo come un portiere. Sul sentiero, a tratti, resiste ancora un po' di neve ma, sarà per via della salita, non sento freddo. Giunto a Croce Gaggi mi prendo una piccola pausa snack e valuto di svoltare verso l'eremo. Questo allungherebbe troppo il mio trek e mi porterebbe lontano dal Sentiero dei Tedeschi, quindi confermo la scelta pianificata e non me ne pento: il sentiero è facilissimo e bellissimo. Sembra un red carpet in mezzo alla foresta. Il tempo vola e mi ritrovo presto all'imbocco della linea Gotica. Tornato casa vorrei condividere il piacere di questa bella camminata e le emozioni vissute, ma anziché venire accolto da un "com'è andata?", domanda dalla quale mia moglie ha imparato a stare alla larga, sento uscire dalla sua bocca una frase che tarpa le ali del mio entusiasmo: "Sei già tornato?" Mi sento proprio solo. Solo come un portiere.
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Oggi doveva essere un bel giorno di festa, con tanto di pic-nic in compagnia di parenti ed amici, ma questa strana primavera "novembrina" ha rotto le uova nel nostro paniere ed in quello di tanti altri italiani e così la programmata scampagnata di Pasquetta è rimasta in canna, come un proiettile non sparato. Come si dice in questi casi, sarà per un'altra volta. Quando si dice così, la fatidica "altra volta" non arriva quasi mai. Saltata l'allegra scampagnata in comitiva, ripiego su un trek in buona compagnia: la mia di me medesimo. E' da tempo che ho nel mirino il Sentiero della Libertà e oggi mi sembra la giornata giusta per affrontarlo. Voglio andare a San Paolo anche per testare il breve sentiero che raggiunge l'alpe dal versante opposto, arrivando in auto dalla sterrata di Corniolo. Ma soprattutto spero di vedere i cervi. Vorrei tanto incontrarne e, conscio del fatto che il maltempo probabilmente terrà lontano altri viandanti, spero di arrivare in solitaria a San Paolo e, appostandomi, avere la fortuna di vederne qualcuno da immortalare con la Nikon. La nebbia che dirada sembra il fumo di un incendio. Inizio la salita nella nebbia; qualcuno mi ha detto che questo percorso è sconsigliato in estate e ne comprendo subito la ragione: è una strada forestale rocciosa, tutta allo scoperto. Procedo nella nebbia in un paesaggio che sembra lunare e per molto tempo non vedo altro che pochi metri di sentiero, attraversato a intervalli regolari dai canali di scolo per il drenaggio idrico. La nebbia avvolge monti e valli facendo scomparire la natura che mi circonda. Il sole ingaggia un duello con le nuvole e, quando riesce di tanto in tanto a vincerlo, intravedo le cime dei monti che paiono sospesi in aria, come sul pianeta Pandora. La nebbia che sale da fondo valle sembra il fumo di un incendio e nasconde il paesaggio sottostante. Con il bel tempo credo potrei ammirare scorci suggestivi, ma questo tempo infausto stimola la mia mente e penso agli scarponi militari che 60 anni fa hanno calcato lo stesso sentiero dando vita a una cruenta battaglia. Vinto dalla fantasia vedo nella nebbia forme di ogni tipo: mucche, cavalli, partigiani, soldati tedeschi, tigri del Bengala, giocolieri, nani e ballerine. Quando vedo un grosso cane nero solitario davanti a me non mi spavento, perché ormai la mia mente si è abituata alle evocazioni suggestive causate dal manto nebbioso. Passa un attimo e capisco che non è una proiezione della mente ma un cane vero; dopo un primo istante di cristallino terrore, mi accorgo che è un buontempone e che, a pochi metri, c'è anche la sua padrona, altra trekker solitaria. Il tempo di scambiare due parole, la supero e proseguo verso la mia meta. La prima veduta dal sentiero. La strada sale sempre di più e mi metto in modalità 2LD (2 legs drive) la mia personale versione del 4WD: ordino ai mie quadricipiti di stantuffare inesorabili e salgo senza sosta, accettando la sfida in salita che mi propone il sentiero. Non sarebbe tanto dura se non fosse per l'agnello che ho mangiato il giorno precedente e che ora sta riprendendo vita saltellandomi nello stomaco. La fatica è ripagata dal panorama. Non sono ancora le 10 del mattino ed il sole ha vinto il braccio di ferro con le nuvole; il tempo volge al bello e finalmente riesco a vedere il panorama che mi circonda. In men che non si dica scorgo in lontananza la macchia verde dell'alpeggio, circondata da cime ancora leggermente imbiancate: la versione romagnola della casa del nonno di Heidi. Il branco spaventato dalla mia presenza. Giungo all'alpeggio in punta di piedi e inizio a valutare quale può essere la postazione migliore dove nascondermi per aspettare l'arrivo dei cervi. Mentre valuto il da farsi scorgo tra gli alberi degli strani cespugli. Strizzo gli occhi e, guardando meglio, mi accorgo che non si tratta né di cespugli né di pietre: davanti a me, a circa cinquanta metri, c'è un branco di daini accovacciati sul terreno, forse ancora assopiti. La mia presenza è immediatamente segnalata dalle sentinelle e tutto il branco di alza in piedi, pronto alla fuga. Quando si accorgono che non costituisco un pericolo, iniziano a pascolare senza smettere di vigilare i miei movimenti. Getto a terra zaino e bastoncini e tento di avvicinarmi il più possibile, armato solo della Nikon. Scorgo due maschi e inizio a scattare, cercando di girare intorno al branco. Inizia una strana danza fra me e questi animali meravigliosi, dotati di grazia e potenza; si muovono in sintonia mantenendomi a distanza di sicurezza. Tutto ciò che ha lasciato il lupo. Dopo poco scopro una delle ragioni della loro diffidenza, quando trovo sul terreno un arto di daino mozzato e sgranocchiato da un lupo. Fotografo anche questa macabra testimonianza di vita selvaggia. Stanchi della mia presenza e probabilmente spaventati dall'arrivo di un altro trekker solitario, abbandonano l'alpeggio e scendono verso fondo valle. A questo punto proseguo verso il secondo obiettivo di giornata, il sentiero che si addentra nella faggeta alle spalle di Monte Grosso. Lungo la via incontro una allegra comitiva di adulti e bambini, con tanto di labrador al seguito e li avviso che, se smettono di fare rumore, potrebbero vedere anche loro dei daini a San Paolo. A questo punto i bambini si lanciano sul sentiero gridando a squarciagola: "I dainiiii!" Non li vedranno mai. Per fortuna sono arrivato sul posto prima di questa vociante combriccola. La scelta di venire al mattino presto è stata ottima e, anche se non ho visto nessun cervo, l'incontro con i daini ha ripagato abbondantemente questo lungo trek in solitaria. Dopo una breve sosta riprendo la strada verso l'auto, ritornando sui miei passi. Il capo branco si concede al fotografo disturbatore. Ormai la nebbia del mattino è solo un ricordo ed il sentiero sul crinale mi regala viste meravigliose sulle opposte valli del Bidente, versante Ridracoli e versante Corniolo. Giunto al diroccato Podere di Poggio Collina, sul cui pascolo hanno imperversato i cinghiali, ho la possibilità di ammirare uno scorcio dell'omonima diga, traboccante di acqua. Una vista meravigliosa. Questo sentiero, che per una breve ma pregnante stagione è stato testimone di fatti efferati, oggi è un luogo di pace, un posto ideale per riconciliarsi con il creato. Solitamente sulle cime di questi monti si trovano croci, qui qualcuno invece ha piantato una bandiera tricolore. E' vecchia e logora, strappata dal vento che la sferza impietoso, immagine allegorica dell'attuale situazione del nostro Paese. Prima che mi vinca la tristezza mi accorgo che, anche se il rosso non c'è più e di bianco ne è rimasto ben poco, un brandello di verde rimane stoicamente aggrappato all'asta, come le mani speranzose di un naufrago che non vuole rinunciare a lottare. Come l'Italia. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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