Mi è difficile pensare a qualcosa di più piacevole che fare una camminata nei boschi in compagnia di qualche amico. Se poi questi amici sono ragazzacci con i quali hai condiviso il periodo formativo dell'adolescenza, l'escursione acquisisce maggior valore. Quando vengo contattato da uno di questi, per sapere se sono disponibile per organizzare un'escursione di gruppo, mi sento quasi preso per i fondelli. Ma stiamo scherzando? Non chiedo di meglio! Con entusiasmo mi butto a capofitto nel "progetto" ed in poche ore metto in piedi un semplice ma efficace programma: anello facile da Badia Prataglia verso Monte Penna e chiusura con "i piedi sotto la tavola", come amava dire mio zio Giorgio, al quale il concetto di panino era completamente sconosciuto. L'armata Brancaleone si allarga ed alla partenza il gruppo conta più membri del previsto. In un clima da gita scolastica saliamo le rampe che ci portano a Campo dell'Agio, mentre i vecchi amici ironizzano su tutto e tutti. Non prendersi mai sul serio è sempre stato un tratto distintivo di questo gruppo e (speriamo...) un elisir di lunga vita. Il romagnolo è una strana bestia: in compagnia non sa stare serio e sente la necessità di dissacrare ogni cosa, ma preso isolatamente può raggiungere alte vette di serietà e riflessione. L'escursionismo nel bosco offre la possibilità di testare questa strana specie di essere umano. In gruppo l'atmosfera è da film di Alvaro Vitali, ma quando la salita fa selezione o più semplicemente si rimane isolati in coppia, ecco che arrivano i discorsi più seri, vagamente esistenziali. Il contrasto è affascinante e mi fa quasi sorridere constatare questa insolita forma di trasformismo, alla quale anche io non mi sottraggo: in branco sembriamo bambini o al massimo adolescenti, ma isolatamente possiamo diventare vecchi saggi, forse anche un po' barbosi. Probabilmente è per questo motivo che evitiamo l'isolamento, perché in compagnia è sempre festa ed evitiamo di confrontarci con la nostra natura più intima, mettendo a nudo fragilità che non vogliamo confessare soprattutto alla creatura che temiamo di più: noi stessi. E allora mentre salgo le rampe che portano il gruppo al punto panoramico di Monte Penna, penso che forse non aveva torto Pirandello quando diceva che indossiamo centomila maschere per celarci agli altri, timorosi di esporci come in una partita a scacchi, sempre disposti a difenderci in modo inconscio ma indubbiamente efficace. Siamo spaventati come bambini davanti a un fantasma, quando la realtà ci costringe a guardare lo specchio che restituisce il nostro stesso sguardo ed a volte ci smarriamo nella profondità di quegli occhi accusatori, perché l'orizzonte si perde dentro la nostra natura più intima e celata. “Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso.” (Uno, nessuno, centomila - L. Pirandello) Ma oggi è un altro giorno, un giorno di frizzi e lazzi, un giorno per essere bambini di cinquant'anni, un giorno da finire in compagnia e allegria come quando gli anni erano 20, con i piedi sotto la tavola, caro zio Giorgio.
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Oggi è il 3 giugno 2020 e si va in Toscana. Fra qualche tempo avrò dimenticato perché è così importante questa data, quindi voglio fissarla perché ha l'inebriante profumo della libertà. Tutto sommato non è tanto che manco da Badia Prataglia, il mio comune preferito all'interno del Parco. Ci sono venuto il 19 gennaio, meno di 5 mesi fa. Però in passato, quando ho trascorso periodi ancor più lunghi di assenza da tali luoghi, non era stato qualcun altro a scegliere per me. Ad inizio marzo il nostro mondo è cambiato, siamo stati costretti a chiuderci in casa convivendo con un senso di angoscia e insicurezza, preoccupati per un futuro che ovviamente non potevamo prevedere. Poi è tornata un po' di luce e siamo potuti uscire di casa e successivamente abbiamo potuto muoverci nei limiti regionali, comunque limitati come animali in gabbia. Oggi sono stati abbattuti quei limiti ed è stata autorizzata la libera circolazione. È proprio vero che non apprezzi mai abbastanza una cosa, fino a quando non la perdi o ti viene sottratta. Per queste ragioni sento la necessità di "riconquistare" la Toscana, di cavalcare il valico appenninico del Passo dei Mandrioli e godermi al 100% questi momenti di serenità. Cosa accadrà ancora, quali sfide ci attendono al varco? Nessuno può prevedere il futuro, ed è probabilmente questo senso di vulnerabilità che ci porta istintivamente a vivere in quella condizione temporale. Siamo sempre proiettati nel futuro: risparmiamo denaro, progettiamo, pianifichiamo la pensione, guardiamo al futuro dei nostri figli, pensiamo sempre alla prossima vacanza che probabilmente non faremo. Tutto questo è positivo e nessuno più di me crede nell'importanza della pianificazione e della previdenza. Sin da bambino ho sentito la necessità di garantirmi un margine di certezza, vivendo in prospettiva. Però questo atteggiamento, se spinto oltre un lecito senso si prudente saggezza, rischia di diventare una condizione costante, obbligandoci a vivere in un tempo futuro senza mai raggiungerlo. Oppure c'è chi vive nel passato, guardandosi sempre indietro. È la sindrome del "c'era una volta", una costante sensazione di dolorosa nostalgia per un tempo lasciato ed irrecuperabile. Anche il radicamento è importante, sentire le proprie origini, avere dei bei ricordi e non dimenticare tanto le cose belle quanto le esperienze meno piacevoli. Ma fissare il proprio orologio temporale sullo ieri è deleterio. Fra l'altro molto spesso questo avviene attraverso una lente deformante che ci fa apprezzare qualcosa che non abbiamo amato realmente. Culliamo soltanto il sogno effimero che quel momento archiviato nel passato sia stato bellissimo. Camminare guardando sempre indietro, inevitabilmente ci espone al pericolo procurandoci dolore. Sto pertanto cercando di trovare un equilibrio fra l'atteggiamento saggio della persona previdente e quello maturo di chi sa apprezzare la strada che ha già percorso. Perciò voglio soprattutto vivere il "qui e ora" (hic et nunc), ovvero godermi esattamente l'attimo che sto vivendo, carpendo avidamente ogni attimo di presente. Ed è con questo atteggiamento nell'animo che salgo le rampe che lasciano il paese per raggiungere Campo dell'Agio. Oggi non so bene dove andrò, so soltanto che voglio salire e faticare. Proseguo per il Passo dei Cerrini e perdo il sentiero, devastato dai mezzi cingolati dei boscaioli. Proseguo nella direzione che conosco ma non incrocio più il sentiero, giungendo sulla cima appuntita del Monte Cucco. Da qui vedo il sentiero 00 che corre a mezza costa intorno alla cima, quindi scendo e riguadagno la via smarrita riprendendo per il Passo della Crocina. È in questo punto che decido, stanto bene e sentendomi fisicamente integro, di proseguire verso La Lama, anche se so che non sarà una camminata facile. Questo decidere al momento la via, aggiornando le scelte ad ogni nuova tappa e senza sapere programmaticamente dove andrò, mi stimola ed entusiasma. In un certo senso trovo che sia l'essenza del "qui e ora". Raggiunta la valle incantata della Lama prendo una nuova decisione, optando per la salita lunga verso il Gioghetto e non quella breve degli Scalandrini. So bene che mi allontano dal punto di partenza e che a fine anello avrò molti chilometri nelle gambe, ma sto bene e voglio approfittare di questo stato di salute, almeno quanto voglio cogliere tutto ciò che può concedermi questa condizione di inebriande grazia. Sento la fatica, ma mi è amica e mi permette di entrare in contatto come me stesso e interagire empaticamente con la natura nella quale sono immerso ed accolto. Solo a Prato Penna batto in ritirata, lasciando il sentiero per la strada forestale. La saggezza mi impone la via facile, dopo che per tutto il giorno ho preso decisioni gratificanti ma probanti. Nelle ultime rampe di asfaltata che mi riportano in paese penso che, ancora una volta, sto portando a casa molto più di quanto possedevo ad inizio giornata. E soprattutto mi sento arricchito da questo nuovo desiderio di vivere intensamente nel presente, senza pagare troppo dazio allo ieri ed al domani. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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