Gabriele è un collezionista compulsivo e nel suo archivio inserisce anche un dovizioso computo chilometrico, Da alcune escursioni annuncia l'intenzione di celebrare la meta dei 2000km percorsi a spasso sulle montagne e oggi quel giorno è arrivato. L'organizzazione dell'evento ricalca lo schema solito e anche in questo conserva un sapore celebrativo: all'inizio dicono di venire in tanti ma poi alla fine al bar Stravizia siamo sempre i soliti: Gabriele, Paolo, Gianluca e lo scrivente. Poco male: la montagna è un'esperienza intima.
Cammino i primi metri con il passo di chi si sente un intruso, anche se gabriele bonariamente mi rincuora. Io di questi 2000 chilometri ne ho percorsi solo una minima parte ed anche gli altri compagni ne hanno fatti poco più di me. Il vero testimone di questa lunga cavalcata è Gabriele, che però non vuole celebrare in solitaria. Per lui le Piadine Randagie sono res-publica. La meta odierna è il rifugio Cà di Sopra, non importa come e da dove lo si raggiunga. Lasciamo la scelta del percorso aperta, adattandola alle presenze e, quando vediamo che siamo solo noi, scegliamo di percorrere senza remore un anello un pò più impegnativo del facilissimo sentiero che i più percorrono dalla diga verso il rifugio, perlopiù attirati dal profumo delle tagliatelle e della carne arrosto. Lasciamo l'auto alla sbarra dei pigri viandanti e ci inerpichiamo sulla mulattiera che sale ripida verso le Caselle. La giornata estiva non è bella, il cielo è coperto da nubi che non minacciano pioggia ma ci coprono come una coppa che trattiene umidità. Mi sudano anche le ossa. Quando siamo quasi giunti a Farniole e mentre sto rievocando tradizionalmente la leggenda del fantasma, troviamo appeso a un albero un cartello che annuncia illegalmente la presenza di un pastore cecoslovacco lasciato libero dai proprietari del casale. Una sorta di macabro annuncio: siete a casa nostra e se vi morde il cane sono cavoli vostri. Roba da far West. Per nostra fortuna Cujo oggi è sazio e la sua inquietante proprietaria lo sta spazzolando sui gradini di casa. Pare che riserbi più attenzione al pelo della sua macchina da guerra che al proprio. Tentiamo un cordiale approccio ma la padrona ringhia più del cane. A pochi metri l'altro occupante cesella legname con una pialla elettrica. È l'animo artistico tipico dei serial killer. Abbandoniamo Shutter Island a lunghe falcate pensando che sarebbe stato più rincuorante l'incontro con il fantasma. Guadagnata la strada alta facciamo una doverosa deviazione per salutare il borgo di Casanova. È il punto più alto di giornata, siamo saliti di 600 metri di dislivello e non vogliamo mangiare pasta scotta. Rientriamo quindi sul sentiero e, prima della picchiata da Pratalino, Gabriele balla la sua personale danza dei 2000 chilometri proprio sulla terrazza panoramica che si affaccia sulla Lama e su Sasso Fratino. Trovo romantico il fatto che si sia tagliato questo importante traguardo in un punto così simbolico, davanti al tesoro segreto serbato dallo scrigno delle Foreste Casentinesi. La discesa verso il lago è una picchiata spacca gambe. Le mie ginocchia ringraziano sentitamente mentre tagliamo la foresta verso il rifugio. Giunti a Cà di Sopra ci salutano un paio di daini brucanti. Qui sono proprio di casa. Dopo una pausa ristoratrice ed un ottimo pranzo celebrativo ci rituffiamo fra le ginestre verso il gigante di cemento che trattiene la forza dell'acqua. Da qui la diga sembra un domatore che ammansisce un leone feroce rendendolo un tenero agnellino. Salutiamo questi luoghi e ripartiamo verso i prossimi 2000 chilometri.
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Deve avermi visto proprio in crisi mia moglie se, contro ogni sua abitudine e passione, organizza in fretta e furia un inatteso week-end dolomitico. Ma andiamo in ordine.
Venerdì mattina Roberta contatta Iulia, grande organizzatrice e appassionata di montagna, per affidarle gli aspetti logistici di un fine settimana volto a rigenerare e riequilibrare lo sfibrato marito. Non trovando una data conciliante a breve distanza Iulia prende in mano la situazione e sentenzia "Partiamo questa notte alle tre. Stupiscimi!" Alle tre del pomeriggio viene presa la decisione finale: alea iacta est. Cancelliamo tutti gli appuntamenti, andiamo a letto alle 22 e puntiamo la sveglia alle 2,30 del mattino. Con gli occhi ancora socchiusi e nello sguardo lo stupore di chi sta per fare una boiata pazzesca, saliamo sull'auto degli indomiti globetrotters Marco e Iulia alla conquista delle vette dolomitiche. Alle 7,30 sostiamo sulle rive del lago di Misurina. In giro c'è solo il fornaio. Paghiamo un salasso di pedaggio e saliamo al rifugio Auronzo dove troviamo solo il gestore e una assonnata famigliola tedesca. Alle 8 i nostri scarponi mordono già il selciato ghiaioso del sentiero che corre lungo il versante sud. In un certo senso siamo alle spalle di quelle che i locali chiamano "drei zinnen", le crode rosse regine e simbolo del sud Tirolo. Giunti alla sella lo stupore diventa incanto quando davanti ai nostri si para la vallata, il rifugio Locatelli e finalmente le Tre Cime di Lavaredo dal versante est. Scegliamo il sentiero alto, più spettacolare ma insidioso. Giunti al rifugio Locatelli ci sediamo per riposare, rifocillarci e riempirci gli occhi di questi panorami unici. Scendiamo di quota continuando il nostro ballo attorno alle Cime, come pianeti che ruotano vitalmente attorno al sole, pellegrini alla Mecca che compiono il loro giro rituale intorno alla pietra sacra, vergini celtiche danzanti attorno al palo. Riguadagnata quota a fatica giungiamo un po' stanchi al rifugio Langalm a 2283 metri slm. È un paradiso fatto di pietra e legno adagiato su un letto verde, lambito da un ruscello, affacciato su un piccolo specchio d'acqua, baciato dal sole e con vista privilegiata sul versante occidentale delle Tre Cime. Gustiamo succhi di mela e sambuco mentre scrutiamo un pazzo che si arrampica sulla cima ovest. Lasciato il rifugio risaliamo verso il rifugio Auronzo e per chiudere uno dei più classici anelli delle Alpi italiane. Non paghi proseguiamo la nostra visita per ammirare due dei laghi di montagna più belli al mondo: Braies e Carezza. Paradossalmente siamo venuti per ammirare le montagne ma pare che il leitmotiv di questa fugace visita non siano la roccia e gli alberi ma l'acqua: da Misurina a Braies a Carezza per passare attraverso i numerosi specchi alpini che impreziosiscono queste cime come smeraldi incastonati nella pietra e dove, come negli affreschi di Michelangelo, il dito dell'uomo tocca per un momento quello di Dio. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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