Dopo una lunghissima attesa finalmente il mio amico Rick viene in vacanza in Italia con la sua numerosa famiglia. Lo scorso sabato siamo andati insieme alla Burraia per un soft picnic con tutte e due le famiglie al completo, Giacomo a parte. Oggi però solo “roba da grandi” e Rick porta con se solo i tre figli più grandi. È l’unico vero trekking che faremo insieme e devo valutare bene cosa mostrargli di quelle Foreste Casentinesi che tanto desidera ammirare. Allora scelgo di giocarmi la carta “storia”: come posso sfidarlo sul piano naturalistico visto che abita in Colorado e considerato che la prossima settimana andrà sulle Dolomiti? Non che queste maestose foreste abbiano nulla da farsi perdonare, ma la meraviglia delle grandi cime rischia di accecare lo sguardo del visitatore distratto. Scelgo quindi un anello classico che mi permette di mostrargli sia la magia della foresta sacra che narrargli un poco la storia secolare di questi luoghi. Dopo pochi metri di salita si capisce subito quali saranno le gerarchie di giornata: i tre ventenni davanti salgono snelli e agili, apparentemente senza sentire la fatica, mentre i due vecchietti sbuffanti li seguono arrancando, soprattutto il sottoscritto. Maledico il poco allenamento di quest'ultimo periodo, nel quale mi sono fatto stritolare dagli impegni di lavoro e dalle preoccupazioni. Venire in questi luoghi però mi permette di smaltire le tossine del quotidiano e ritrovo lentamente anche un discreto smalto e alla fine arriverò non troppo stanco chiudendo un anello di 17 chilometri discretamente impegnativi. Potrei scegliere un approccio più rapido all’eremo, ma non voglio arrivare dall’ingresso principale, deturpato dalla strada, dal parcheggio, dagli immancabili bikers e dai turisti in mocassini. Voglio che vedano il luogo sacro così come lo vedevano i viandanti prima che costruissero una strada comoda per giungervi e allora saliamo al Poggio Tre Confini per entrare sullo 00 da Prato Penna e scendere dal Gioghetto, arrivando sul retro dell’eremo. In questo modo le foglie e gli alberi diventano un sipario che si apre lentamente sul proscenio costruito pazientemente dai monaci medievali. L’effetto esercita tutta la sua suggestione sugli amici d’oltre oceano, non affatto abituati a spettacoli simili. Anche i giovani, solitamente più impassibili, non rimangono insensibili al fascino della storia. Dopo una lunga attesa siamo anche in grado di entrare per una visita guidata e scoprire le strane abitudini dei monaci di clausura. Usciti dall’eremo vengono messe a confronto due reazioni differenti: per i ragazzi le abitudini dei monaci sono lapidariamente definite “strane”, per Rick invece è affascinante vedere come l’uomo segua strade differenti per soddisfare una esigenza comune a tutte le latitudini: la ricerca della comunione con Dio. Usciti dall’eremo piove copiosamente e ci mettiamo al riparo di una pianta per consumare il nostro pasto a base di schiacciata e salsicce di cinghiale. Anche queste ultime sono una insolita e pittoresca novità per i miei amici americani. Alla fine del pasto ci incamminiamo nonostante la pioggia leggera e la nostra temerarietà viene premiata da madre natura: il cielo poco a poco si apre, smette di piovere e torna un timido sole. Saliamo fino a Pratovecchio e imbocchiamo la strada che porta al Sentiero dei Tedeschi, dandomi l’opportunità di raccontare agli amici un po’ di storia recente. Narro loro le vicende della guerra, la Linea Gotica, il fronte inglese che avanza dalla piana Toscana, i tedeschi che piazzano le loro postazioni di mortaio sulla montagna, i collaborazionisti volontari e quelli costretti, i partigiani che seminano scompiglio dietro le retrovie naziste. Non posso fare a meno di rammentare che l'ultima volta che sono venuto qui c'era anche Giacomo ed abbiamo potuto vedere dei cervi nel bosco. Oggi niente Giacomo e niente cervi. Peccato. Abbandoniamo l’anello della Linea Gotica per tagliare la montagna sul sentiero che porta a Metaleto. Voglio mostrare loro l’ultima meraviglia di giornata e così, prima di tornare al caseggiato di Camaldoli, sostiamo alcuni minuti per ammirare castagno Miraglia. Quest'albero aveva già 200 anni di vita quando veniva firmata la Costituzione del loro paese e si guadagna il loro rispetto. Infine voglio che vivano una bella esperienza e, per rendere indimenticabile questo lungo hike, terminiamo con una tipica merenda toscana a base di schiacciate con mortadella di cinghiale tartufata, prosciutto di cervo e salame di cinghiale. Queste cose non si trovano nel menu di McDonald’s.
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Oggi escursione in terra marsicana per le Piadine Randagie. Dopo due anni di insistenze e racconti sulla Val di Rose, che ad ogni versione ingigantivo come un pescatore bugiardo e impazzito per convincerli a seguirmi, la loro resistenza cede e ci avviamo di venerdì pomeriggio per una inedita notte fuori casa. Il Parco abruzzese è troppo lontano da casa per costringere tutto in un solo giorno. Facciamo i salti mortali per prenderci mezza giornata libera, ma lo sforzo è ripagato. Prenoto una camera in quello che penso sia un b&b per disperati e invece ci ritroviamo in un piccolo hotel che supera le nostre aspettative. Prima di cena ci raggiungono per l'aperitivo i globtrotters Marco e Iulia che non hanno saputo resistere alla tentazione dell'esclusiva escursione. Hanno capito perfettamente che il tradizionale consolatorio "sarà per la prossima" in questo caso rischia di diventare un epitaffio. Queste occasioni sono più uniche che rare e vanno colte, anche a fronte di qualche piccolo sacrificio. Per la cena ci affidiamo alle recensioni di Tripadvisor ed alla pigrizia, infatti a 20 metri dall'albergo c'è "Il luparo" il secondo ristorante di Civitella Alfedena, stando alle votazioni del popolo del web. Anche in questo caso siamo fortunati e consumiamo un'ottima cena in piacevolissima compagnia. Ci sarà domani per smaltire gli stravizi della tavola. Mettiamo la sveglia alle 6 del mattino e prima ancora delle 7 ritroviamo gli amici Marco e Iulia fuori dall'hotel, emozionati e scalpitanti: hanno visto dei cervo lungo la strada, mentre venivano all'appuntamento. La giornata promette bene. La gestrice dell'hotel ci ha garantito la vista dei camosci appenninici, aggiungendo altissime probabilità di vedere anche cervi. A queste parole Gabriele si commuove: nonostante i chilometri battuti in lungo e in largo in terra casentinese (e le migliaia di daini...), ancora non ne è riuscito a vedere uno. In effetti anche il sottoscritto ne ha visti un branco nella precedente escursione in Val di Rose e mi piacerebbe tanto fare il bis. Il percorso, a fronte della sua innegabile bellezza, richiede un tributo in termini di impegno. Certamente abbiamo fatto più fatica in passato, ma l'anello della Val di Rose non può essere classificato come un giro dei più facili. Alla fine percorreremo "solo" 14km ma è soprattutto il dislivello che taglia le gambe, si sale infatti dai 1000 metri di Civitella fino ai 2000 del Monte Boccanera. Ma stiamo andando a casa dei camosci e non possiamo aspettarci che pongano la loro dimora in luoghi poco impervi. Fino a Passo Cavuto è una salita costante di 5km che ci consente di vedere scorci meravigliosi sul Lago di Barrea e di attraversare una faggeta spettacolare. Usciti dalla faggeta siamo a casa dei camosci, quel Monte Boccanera dove speriamo di poterli incontrare. Mentre saliamo speranzosi puntiamo i nostri binocoli sulle rocce, ma degli splendidi arrampicatori non c'è ombra. La sella del passo non è lontana e so che una volta raggiunta, abbandoneremo le speranze di un avvistamento. Vengo anche immortalato da Iulia mentre spalanco le braccia sconsolato. Poi vedo una macchia lontana fra le rocce. Sembra solo una roccia di colore rossiccio e la punto con il binocolo. Aspetto ostinatamente e la roccia resta immobile, fino a quando si muove rivelando la sua identità. Ecco le corna, non mi ero sbagliato: è un camoscio isolato che bruca quasi in cima al monte. Non è molto ma ci accontentiamo. Sono rimasto indietro a causa di questa caparbia caccia e dopo qualche rampa l'avanguardia annuncia un altro avvistamento, molto più vicino al sentiero. Al riparo dalla calura si rivelano uno, due, tre...sei camosci. È festa. Tentiamo una sortita fuori sentiero e gli animali non si spaventano, dandoci la possibilità di fotografarli da pochi metri. Sembra quasi che si mettano in posa. A questo punto Iulia, già ribattezzata da Gabriele "il camoscio biondo" per il passo spedito lungo la salita, si inerpica fra le rocce armata della sua fedele macchina fotografica. In breve si ritrova addirittura sopra i camosci e ci regala scatti bellissimi. Quando sento il capobranco emettere un verso d'allarme richiamo il camoscio transilvano: non è giusto spaventare queste meravigliose creature. Felici come bambini raggiungiamo il Passo e dall'alto dei 2000 metri ammiriamo il panorama abruzzese a 360 gradi. Riusciamo a vedere in lontananza anche una famigliola di cinghiali composta da mamma e due cuccioli. Sono così lontani e scuri che per un attimo penso possano essere orsi. Poi vedo agitarsi un codino e resto un po' deluso. Proseguiamo per Forca Resuni, il mio luogo del cuore e dell'anima, e cammino fra le rocce come un omino Lego: scarponi nuovi, vesciche su tutti e due i talloni e crampi alle cosce. Eppure sono felice. Dopo la sosta alla Forca scendiamo verso Valle Iannanghera ed io resto ostinatamente in coda al gruppo munito di binocolo. Sembro il Gran Mogol. Ma oggi la montagna ci ha già concesso tutto e rientriamo nel fitto della faggeta. Quando non manca più molto sentiamo rumori sinistri nel bosco. Dopo pochi secondi identifichiamo i grugniti striduli dei cinghiali. È una lotta, ma contro chi? Inizia il gioco delle congetture ed io propendo per l'ipotesi più affascinante: un branco di lupi che ha accerchiato un cinghiale. È plausibile ma non ne avremo mai la certezza. Ci lasciamo così alle spalle una natura selvaggia e incantevole, una giornata indimenticabile e il desiderio di tornare in questi luoghi. Lasciamo tutto sul monte tranne il camoscio transilvano: quello deve tornare ad Ancona. Clicca sul bottone sottostante per vedere le foto scattate da Iulia.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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