Metto il muso fuori dalla tana come un cucciolo d’orso, che negli occhi ha sia lo spavento che lo sgomento del nuovo. Solo che per me non c'è nulla di nuovo. È una rinascita ciclica che saluto ogni anno come un uccello migratore abituato a tornare nei soliti luoghi, con un sorriso sornione e compiaciuto stampato sul viso. Il mio letargo è durato tantissimo, tutto l’inverno. Dalla caccia al cervo non sono più riuscito a calzare gli scarponi, colpa del maltempo che ha abbondantemente irrorato una terra inaridita da un’annata di siccità, colpa del lavoro che mi ha costretto a casa anche quando gli amici gironzolavano allegramente per i boschi. Ora basta. Ho bisogno di camminare, ne ha bisogno il mio corpo e certamente ne ha ancor più bisogno il mio spirito. Spolvero gli scarponi, riprendo il fedele zaino che mi ha atteso pazientemente in questi mesi di torpore e salgo in auto in compagnia di mio figlio, che mi accompagna dopo oltre due anni di assenza, e di due cari amici: Ale e Dona. Mi sembra l’alba di un giorno nuovo che spero sia foriero di buone novelle, oltre che di appassionanti escursioni. Temo la neve e scelgo un percorso a bassa quota, anche perché voglio guidare i miei compagni di giornata su una strada a loro sconosciuta. Scelgo allora un anello classico, da me già percorso altre volte, l’anello che parte da Lago per addentrarsi nel bosco sotto a Monte Falco, fino a raggiungere il fiabesco avamposto di Pian del Grado. Appena scesi dall’auto la temperatura è ancora frizzante, ma il cielo sereno fa presagire una bella giornata di primavera. Sarà così. Mentre ci allacciamo gli scarponi Giacomo avvista un daino che risale il monte dal ruscello dove era sceso per abbeverarsi. È venuto a bere a pochi passi dal caseggiato e dalla strada asfaltata. Gli animali vivono a stretto contatto con l’uomo in queste terre baciate dalla natura selvaggia. Una delle ragioni per le quali ho scelto questo anello è proprio perché, con un po’ di fortuna, in questa zona non è impossibile incontrare animali nel bosco, ma noi non saremo così fortunati e l’avvistamento del daino rimarrà un caso isolato. Iniziamo il percorso in senso antiorario, seguendo la sinistra orografica del Bidente. Pochi metri e lasciamo la sterrata per salire il costone roccioso che ci porta verso le Ripe Toscane, passaggio panoramico fra i più belli delle Foreste. La giornata si conferma meravigliosa e un tiepido sole di primavera brilla senza ostacoli in un cielo sgombro da nuvole. La montagna è prevalentemente tinta di grigio; gli alberi sono ancora spogli perché il prolungamento di inverno li ha costretti ad affrontare il gelo delle ultime nevicate. A breve il paesaggio cambierà scenario e la montagna si riempirà di colori e profumi nuovi. Sul percorso lo sguardo attento di Giacomo cade su un raro aculeo di istrice e poco più avanti il mio sguardo meno attento scambia un cane di grossa taglia per un cinghiale. Trotterella sul nostro sentiero e ci viene incontro anticipando di poco due accompagnatori. Sono le uniche persone che incontriamo sul cammino, a parte un frettoloso trekker che ci supera a passo spedito. Oggi pensavo che avrei incontrato più gente, visto il giorno di festa, ma non mi rammarico per la quasi totale assenza di escursionisti, anzi. La maggior parte delle persone preferisce sedersi a tavola piuttosto che sbuffare su un sentiero mangiando un panino, ne abbiamo conferma quando arriviamo al Poderone: ci sono auto parcheggiate ovunque e dentro deve essere una bolgia. Giunti alla Fossa troviamo il caseggiato deserto e, dopo una breve sosta, ripartiamo alla volta di Pian del Grado. Qui Ale si affaccia ad una porta a vetri con le mani a coppa per curiosare all’interno e trova l’unico abitante presente nel borgo. Imbarazzato si ritrae e, mentre si produce in scuse, esce dal casale un cordiale signore che lo tranquillizza e si ferma a chiacchierare con noi. Trovo così risposta a una domanda che mi sono sempre fatto: tutte le case sono di proprietari eredi che non affittano. Peccato, avrei trascorso volentieri un paio di giorni in questo angolo di foresta. Percorriamo contro mano la forestale e, superato il Poderone, riprendiamo il sentiero che corre lungo il crinale fino al castello di Corniolo. La vecchia torre di guardia è piuttosto malandata e, senza interventi di consolidamento e restauro, il suo destino è segnato. Salutato l’antico baluardo ci rituffiamo nel bosco per sbucare sull’asfaltata che ci riporta in un paio di curve al punto di partenza. Sono passate circa 7 ore da quando abbiamo iniziato a camminare ed abbiamo percorso poco più di 18 km. Sono stanco ma felice, un bel rientro che spero essere l’antipasto di una bella scorpacciata primavera/estate 2018.
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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