Oggi è un giorno speciale, un giorno di conflitti e polemiche, un giorno di contrasti e disaccordi, un giorno che vorrebbe essere una celebrazione ma che per molti corrisponde a una commemorazione. Dovrebbe essere un giorno della memoria, invece per la maggior parte delle persone è solo un giorno di festa. Oggi è il 25 aprile, probabilmente la più discussa festività del nostro Paese. È con questi pensieri che mi sveglio e preparo all'escursione, una camminata che parte tardi e che finirà tardissimo, in compagnia degli amici del gruppo di Faenza. Sono lieto che abbiano scelto di salire a San Paolo perché, anche se probabilmente non rientra nei loro piani, si tratta di uno dei luoghi più adatti per rievocare questo giorno. Vengo sempre volentieri in questo luogo di memorie antiche, di rifugio e battaglia, di ritorsioni e di ricostruzione. La storia di San Paolo riassume, con i suoi costrasti, la bellezza e le miserie di questo Paese, le contraddizioni del nostro popolo, il coraggio e la vigliaccheria del genere umano. Ogni anno rifletto sulle vicende che hanno portato alla Liberazione, ma quest'anno la celebrazione ha un senso diverso per me: ho appena dato le dimissioni e mi sento particolarmente libero e indipendente. Amo la socialità del lupo e, nelle dinamiche del branco, ho sempre apprezzato la figura del solitario. Il lupo errante è quell'esemplare che ha smesso di accettare le logiche del gruppo, che non vuole più rispettare le gerarchie imposte con la forza, dove solo la coppia Alpha è autorizzata alla riproduzione e destinata a godere del pasto migliore. Il lupo solitario è quell'esemplare che sceglie di non essere più vassallo, che rifiuta la sicura protezione del branco assumendosi dei rischi vagando per i boschi in cerca di un pasto che non è più garantito dalla forza del gruppo. In questa fase della mia vita ho scelto di lasciare la sicurezza del branco per andare a procurarmi cibo in una foresta ostile ed impervia, coscente del fatto che questo comporta un innalzamento dei margini di rischio. Settanta anni fa un manipolo di coraggiosi ha fatto la scelta del lupo isolandosi in rifugi nel fitto del bosco per combattere un tiranno che garantiva poco cibo di bassa qualità. Molto spesso i solitari muoiono, vittime della loro stessa brama di indipendenza, ma muoiono liberi e felici. Anche molti partigiani morirono, fieri e felici, lieti di non essere scesi a compromessi con i loro ideali. Il gruppo procede lento e sosta frequentemente. All'ennesima pausa decido di ripartire con il mio passo e in pochi minuti mi ritrovo solo nel bosco. Mentre salgo sudando verso l'alpeggio, la solitudine mi offre la possibilità di riflettere sul senso delle gesta partigiane e sulle scelte che ho recentemente intrapreso. Nelle mie riflessioni prende forma un'idea, che presto accosto alla mia situazione: penso che partigiani, nazisti e fascisti fossero tutti vittime. Tutti costretti a combattersi in nome di ideali che qualcuno aveva insegnato loro al solo scopo di ottenere ricchezza e potere su un popolo poco consapevole degli accadimenti generali. Erano inconsapevoli ingranaggi di un meccanismo più grande della loro capacità di comprensione, costretti ad azzuffarsi come cani da combattimento tenuti in piccole gabbie, affamati e maltrattati, destinati solo ad accrescere un istinto violento al fine di sollazzare crudeli padroni e giocatori d'azzardo. Così è come a volte mi sento io lavorando da dipendente, quando discuto con i miei colleghi per risolvere problemi che sono stati generati dalla Proprietà. Sono stanco di azzuffarmi con i miei simili in cambio di un tozzo di pane sicuro, mentre altri si arricchiscono alle mie spalle. Viene un giorno nel quale anche il pit-bull si rivolta e azzanna la mano del suo aguzzino. In questo prato verde a oltre mille metri di quota, creato da Dio solo per la pace e l'armonia, si combatterono giovani militari tedeschi e giovani partigiani italiani, segnando ferite profonde su questa opera d'arte divina, come vandali armati di taglierino. Ma sapevano cosa stavano facendo e per quali ideali sacrificavano le loro giovani vite? Sono certo che se non si fossero fatti strumentalizzare dai loro governanti, sarebbero saliti fin quassù in pace per sdraiarsi sul prato a mangiare e dormire, accarezzati da questo tiepido sole di primavera. Per conto mio voglio fare come il disertore di Boris Vian, che nelle parole di Ivano Fossati dichiara: "...se servirà del sangue ad ogni costo, andate a dare il vostro, se vi divertirà". Quando il gruppo si ritrova e riprendiamo il cammino dopo una lunga pausa, percorriamo a ritroso i passi del commando tedesco che salì a San Paolo per combattere la resistenza partigiana. Penso che la libertà sia un ideale per il quale vale la pena prendersi dei rischi, finanche morire. Nella mia mente risuonano le parole di Jovanotti, il quale canta una dichiarazione condivisa quando grida "Viva la Libertà!". Tutti vogliono e bramano la libertà, ma quando il prezzo di quest'ultima sale, sono in tanti a ritrarsi come lupi pavidi sotto l'ala protettrice dell'esemplare Alpha. A quel punto al grido basta aggiungere uno spazio per separare il termine "Viva" e scambiare il punto esclamativo in interrogativo. Nel gioco di sintassi "Viva la Libertà!" diviene "Vi va la Libertà?", ovvero: "quanto sei realmente disposto a spenderti e rischiare per ottenere quell'indipendenza che brami e rivendichi?". Perché se esiste una cosa certa è che la Libertà non è un bene gratuito e la Liberazione non è una facile marcia trionfale. A me va, la Libertà. La desidero come un lupo solitario. 'Fanculo il branco.
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Il programmato trekking a Gamogna salta a causa di un lutto in casa del Presidente, quindi la ciurma di masnadieri decide con un colpo di mano di prendere comunque il largo cambiando destinazione. È la prima storica uscita delle Piadine Randagie senza il proprio condottiero, si tratta di un dichiarato ammutinamento. Come spesso capita sono in un periodo nel quale ho vitale bisogno di montagna e di annusare il profumo della foresta, quindi sono determinato ad andare comunque, anche in escursione solitaria. Quando dichiaro pubblicamente le mie intezioni gli ammutinati decidono di seguire il mio invito, più attirati dal profumo del cibo che da quello del bosco; propongo infatti un semplice anello con partenza da Bagno di Romagna che si concluderà al chiosco recentemente ristrutturato dove potremo gustare le specialità locali. Un ammutinamento però, per definizione, non può essere condotto con marziale disciplina, quindi il mio ruolo di condottiero inizia sotto i peggiori auspici: non mi sveglio, quindi il SIgnor Paolo e Alessandro devono tirarmi giù dal letto e venirmi a prendere direttamente a casa. Quando scendo ancora assonnato mi guarda con biasimo anche la Pape. Parcheggiata l'auto a pochi metri dal chiosco, muoviamo i primi passi verso Monte Carpano e si capisce subito chi realmente vuole insidiare il ruolo presidenziale di Gabriele: il Signor Paolo infatti brandisce il suo GPS come uno scettro del comando e guida l'ammutinamento capitanando il piccolo gruppo. Cerca di nobilitare il gesto dichiarando che sta facendo le veci di Gabriele per mantenere aggiornato l'archivio chilometrico delle PR, ma si tratta palesemente di un colpo di spugna, probabilmente tramato da lungo tempo. Qualcuno insinua addirittura che la notizia del lutto sia stata tendenziosamente diffusa dallo stesso Paolo e che probabilmente in questo momento Gabriele si trova da solo, fuori da una chiesa vuota, con il suo abito della domenica ed in mano un mazzo di crisantemi spampanati. Purtroppo però, dopo il mio fallimento da condottiero, anche Paolo segue il mio triste destino: trova subito il sentiero e ci guidà con sicurezza verso la traccia giusta. Questo è assolutamente dequalificante per un dirigente delle Piadine Randagie, infatti tutti sanno che lo statuto prevede almeno tre smarrimenti durante una escursione ed in questo Gabriele è assolutamente encomiabile, direi insuperabile. In tal senso l'escursione di oggi è un vero fiasco, infatti percorriamo tutto il tragitto senza smarrire un metro di traccia. Una vergogna. Le previsioni indicano pioggerella leggera nel primissimo mattino e poi cielo coperto per il resto della giornata. Però mentre ci avviciniamo a Bagno iniziamo a temere che le previsioni siano sbagliate, infatti la pioggia battente ci accompagna per tutto il tragitto in auto. Fortunatamente appena iniziamo a camminare la pioggia cessa e neppure la gnagnarella ci farà compagnia per il resto della giornata. Sventato il rischio di camminare per ore con gli abiti incollati ai nostri corpi statuari, ci godiamo questa giornata autunnale in piena primavera. La temperatura è bassa almeno quanto la nebbia. Saliamo sul sentiero 189 senza troppi affanni i 600 metri di dislivello in mezzo ad un bosco il cui fascino è valorizzato da questo clima in stile "il Nome della Rosa". I punti panoramici scompaiono inghiottiti dal manto grigio ed anche quando incrociamo il grande sentiero 201, tutto si cela ai nostri occhi e facciamo nostra la frase del Banco del Mutuo Soccorso scolpita sulla roccia: "Da qui, messere, si domina la valle ciò che si vede è. E se l'imago è scarno al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso". A noi l'immaginazione non manca, ma in queste condizioni ci vorrebbe la fantasia di Walt Disney per vedere qualcosa. Scatto una foto a Paolo e Alessandro mentre si bevono un caffè nella nebbia. Sembrano Totò e Peppino alla stazione di Milano. Improvvisamente sentiamo un rombo e dal nulla sbuca un'auto della Forestale, come un vascello fantasma in un film di pirati. Saliamo fino alla cima del monte ma lo sforzo è vano, il panorama mi rammenta quando da bambino mia madre cercava di sintonizzare Tele Capodistria con la manopola del nostro vintage Brionvega in bianco e nero. Riprendiamo il 201 e ci ributtiamo nel bosco quando poco più avanti troviamo l'imbocco del 185 che torna a Bagno lungo la parallela valle del Fosso di Becca. Annotiamo in archivio l'area attrezzata a fondo valle, per future escursioni estive con piedi a mollo e possibilità di grigliata, e percorriamo gli ultimi metri di asfaltata con un solo pensiero in testa: il piacevole tepore del chiosco ed il meritato pasto. E anche oggi s'è fatto il nostro. |
Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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