Le prime parole che imparano i bambini sono "mamma" e "no". Il primo vocabolo è un meritato riconoscimento verso la donna più importante, colei che ti ha cresciuto in grembo e che ha sofferto i dolori del parto. La seconda viene appresa per emulazione, perché è la parola più ascoltata dal neonato. Per inciso, la parola "papà" (o "babbo", per chi è romagnolo DOC), non figura nemmeno nella top-ten. Viene pronunciata le prime volte verso i 14 anni, inserita nel contesto di frasi tipo: "babbo, mi dai i soldi per...". Ma questa è un'altra storia. La terza parola pronunciata dai bimbi è l'aggettivo possessivo "mio", declinato sia al maschile che al femminile. In particolare diventa importante nel momento in cui si sviluppano le prime interazioni sociali: caro fratello/sorella la mamma è mia, il gioco è mio, la pappa e mia. Tutto è mio. Io sono il centro dell'universo. Me lo ha insegnato la nonna, chi sei tu per contraddire la nonna? Questo concetto si radica profondamente negli anni della formazione e ci accompagna fino all'età adulta, rendendo fondamentali professioni come consulente, avvocato, notaio, giudice. Il ruolo di questi professionisti è quello di dirimere principalmente questioni di proprietà, perché se è vero che iniziamo a piantare la bandierina del possesso sui giocattoli, non smettiamo di farlo da adulti. Acquisti, furti, divisioni patrimoniali, atti di proprietà, passaggi di beni, condivisioni e/o contese coniugali. La lista è infinita e ruota sempre intorno al concetto di proprietà privata e personale. Tutto è mio, come il sonaglio che maldestramente mi picchiavo in testa quando stavo seduto sul seggiolone. E così, con questo senso di possesso, mi sono mosso molte volte nei boschi ed ho traslato il concetto, se pure ironicamente: le Foreste Casentinesi sono mie. Un paio di volte, quando gli amici sono andati in escursione ed io non ho potuto seguirli, ho scherzato sul fatto che gli concedevo l'accesso momentaneo, che gli affidavo le chiavi e potevano andare solo grazie al mio permesso. Il gioco della proprietà trova comunque la sua genesi nella profonda sensazione di possesso non tanto legale, ovviamente, ma piuttosto emotiva. Questo è il mio regno, questa è la mia foresta, questo è il mio luogo di rifugio. La quarantena costringe tutti gli escursionisti a non frequentare i parchi ed io mi adeguo alle disposizioni. Non appena viene allentata la morsa e viene concesso di andare in solitaria, rimanendo nei limiti regionali, non perdo occasione di recarmi nelle "mie" foreste per un facile anello infrasettimanale e scelgo come luogo di elezione Campigna, uno di quei posti che serbo con maggiore affetto nel cuore. Raggiungo il parcheggio dell'Albergo Scoiattolo, desolatamente vuoto, e provo una forte emozione mentre allaccio di nuovo gli scarponi dopo questo lungo periodo di assenza forzata. Mentre mi avvio sul sentiero, con l'incanto e lo stupore di un bambino, penso che in realtà sono trascorsi periodi molto più lunghi di assenza dai boschi nella mia vita. Ma in quel caso erano la mia volontà ed i miei impegni a tenermi lontano dalla montagna. Oggi invece vivo un senso di liberazione, perché il divieto mi è stato imposto, e mi sembra quasi di uscire dalla prigionia. Scelgo di salire verso il passo della Calla per poi imboccare il sentiero, recentemente riaperto, che porta alla strada forestale delle Cullacce. Poi rifugio Ballatoio, Villaneta e risalita a Campigna. È un anello facile, ma straordinariamente evocativo, per me una scelta perfetta per tornare ad approcciarsi alla montagna unendo lo sforzo fisico al feeling emotivo che mi lega alla foresta. Ed è mentre muovo questi primi timidi passi di uscita dalla quarantena che comprendo qualcosa che, banalmente, avrei già dovuto capire molto tempo fa: non sono le foreste ad appartenermi, ma piuttosto sono io ad appartenere loro. Il concetto di proprietà emotiva resta, ma questo periodo di lontananza mi ha permesso di capire che l'universo va specchiato. Guardo questo placido mare di foglie agitate dal vento, come onde increspate dalla corrente, ed ascolto le parole mute degli alberi che sussurrano al mio cuore: il bosco non è tuo, tu sei del bosco. E mi lascio avvolgere da questo abbraccio, felice di non possedere nulla. Video dell'escursione "Una giornata straordinariamente normale"
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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