Se non sapessi che mi trovo fra Calabria e Basilicata, potrei pensare di essere in qualche sperduta valle alpina. Che gioia avere finalmente visitato il Parco Nazionale del Pollino, il terzo e probabilmente il più bello della Calabria. Mi trovo chilometri lontano da casa, ma non sono affatto spaesato e confuso: intorno a me ci sono i monti, i miei amati monti, e soprattutto foreste di faggi a perdita d'occhio. E questa volta l'espressione non è sprecata: questo parco meridionale è il più grande d'Italia, per estensione geografica. Non voglio sbagliare, quindi scelgo di unirmi ad un gruppo con guida, cosa che non mi appartiene molto. La scelta si rivelerà felice solo in parte. La prima tappa di avvicinamento è il viaggio di tre ore che faccio il giorno prima, per fermarmi a dormire a 45 minuti dal meeting point. Il posto più vicino che ho trovato è un B&B a Lungro, paesino letteralmente arroccato sulle aspre cime della Calabria settentrionale. Trascorro una piacevole serata in compagnia di sconosciuti ed ho il piacere di entrare in contatto con la cultura Arbereshe, della quale avevo sentito parlare ma della quale scopro di non sapere nulla. Lungro è la capitale religiosa di questa etnia che da cinque secoli vive queste terre. Sono albanesi fuggiti alle persecuzioni musulmane, che hanno fondato colonie nel nord della Calabria, mantenendo viva cultura, folklore, tradizioni, cucina e soprattutto la loro lingua. Ancora oggi parlano l'albanese di 500 anni fa, con qualche contaminazione di calabrese. È una delle tante sorprese di un territorio che non conoscerò mai abbastanza. Con questa esperienza ancora fresca, mi incammino con il gruppo verso la cima del Dolcedorme, la vetta più alta del sud Italia. Per trovare un monte più alto, andando verso nord, bisogna raggiungere il Gran Sasso. La nostra guida, Francesco, ci accompagna cercando di trasmettere al gruppo tutto l'amore e la passione che ha per questa terra, la sua terra. Parla con trasporto dei luoghi, delle genti, degli animali e degli alberi. Poi, teatralmente, appena usciamo dalla faggeta per entrare in una radura perfettamente rasata dal bestiame al pascolo, spalanca le braccia per presentarci quello che lui chiama "il mio Amico". È la cima del Dolcedorme, che vediamo per la prima volta oggi, lontana e maestosa. Ha una forma piramidale contornata da una corona di alberi che sembrano sorreggerla verso il cielo. Il percorso è abbastanza impegnativo e lungo, ma trovo che sia reso più difficile dalle numerosissime soste. Tali soste servono a Francesco per rendersi conto che tutto il gruppo riesca a percorrere l'intero percorso senza problemi, oltre che ha fornirci informazioni che avvalorano il piacere della camminata. In questa terra calcata dai lupi e in questo cielo solcato dai grifoni, il vero Re non è un animale, ma un albero, fermo, muto, resiliente. Si tratta del Pino Loricato, simbolo del Parco. Cerchiamo l'albero e lo troviamo, più volte, ad alta quota. Solo, isolato, in mezzo alla faggeta, vivo e vegeto, oppure morto e privo di linfa vitale, ma ancora ritto e imbiancato. Sono sempre affascinato dagli alberi, ma raramente ho provato il senso di rispetto che provo al cospetto di questo maestoso guardiano del tempo. La sua corteccia, prioprio come evidenzia il suo nome, pare la corazza di un guerriero. E questo albero è un guerriero. Non riesco a trovare parole migliori di quelle dello scrittore Pino Aprile per definire questo albero e, forse, questa aspra e fiera terra fra mare e montagna. “Il Pino Loricato, fossile vivente, coevo dei dinosauri, a cui somiglia, per la corteccia a scaglie, “a lorica”, come le armature dei guerrieri di una volta. É un albero dai tempi lentissimi, come obbedisse a cicli non più nostri (… ) si è rifugiato nei luoghi più impervi e ventosi, tra burrasche, gelo e petraie. E dove nessun’altra essenza sopravviverebbe, il pino loricato domina millenario, scolpito dal tempo e dai fulmini. Quando muore, perde la corteccia e appare bianco come marmo funerario. Ma resta in piedi, re del silenzio, candido monumento a se stesso.”
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Massimo
Massimo è sposato con Roberta ed è padre di 2 figli. Lavora tutti i giorni al computer e nel tempo libero scappa in montagna, il suo spazio libero fra foglie e nuvole. Archives
Agosto 2020
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